Non solo Trieste piange i due agenti della polizia di Stato uccisi ieri in Questura. Tutta l’Italia è rimasta colpita da questa drammatica vicenda. Ed anche la Calabria, dove l’agente scelto Matteo Demenego, 31 anni originario di Velletri, aveva frequentato il 186esimo corso di formazione presso la scuola allievi agenti di Vibo Valentia. Nella città calabrese tutti lo ricordano con affetto.

Un affetto che viene da chi riconosce il valore e il sacrificio delle forze dell’ordine con gesti semplici ma al tempo stesso significativi. Come quello di un anonimo cittadino vibonese, che ha recapitato alla Questura di Vibo una rosa fasciata con un nastro tricolore insieme ad un biglietto che recitava: «In questo giorno di dolore noi cittadini vi siamo vicini. Grazie per tutto quello che fate per noi. Onore a voi».

Chi erano i due agenti morti

Matteo Demenego e Pierluigi Rotta erano entrambi celibi ed entrambi con prima assegnazione nel Friuli Venezia Giulia. L'agente scelto Demenego, nato a Roma il 27 settembre 1988, era stato trasferito a Trieste il 29 settembre 2013 ed era in servizio presso l'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico

Ancor più di casa a Trieste era l'agente Rotta, visto che vi aveva frequentato il 195esimo corso di formazione presso la Scuola allievi agenti. Nato a Napoli il 2 maggio 1985, arruolato il primo ottobre 2015, era stato assegnato alla Questura giuliana il primo giugno 2016, anche lui presso l'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico. Rotta era figlio d'arte dato che il padre, che vive tutt'ora a Pozzuoli, è un poliziotto in pensione.

Deceduti dopo disperati tentativi di rianimazione

I due agenti della polizia di Stato sono deceduti dopo vari e disperati tentativi di rianimazione. Sono stati uccisi nel corso di una sparatoria avvenuta all'interno della Questura di Trieste intorno alle 16 e 45. A colpirli, un giovane, Alejandro Augusto Stephan Meran, di 29 anni che era stato fermato insieme al fratello, Carlysle Stephan, perché sospettato di aver rubato uno scooter.

Una poliziotta racconta quei momenti

«E' stato tipo Beirut, non so quanti colpi sono stati esplosi, una infinità. Sembrava di stare a Capodanno con i mortaretti. La cosa più brutta è stata non poter fare niente, quell'uomo sparava a vista». È questa la testimonianza choc che una poliziotta della questura di Trieste ha inviato tramite un messaggio audio su una chat ad alcuni colleghi dopo la sparatoria in cui sono morti due agenti di 31 e 34 anni.

«Ero con mia sorella e mio cognato - afferma l’agente nell’audio - quando ho visto arrivare i due colleghi con i due uomini. Io li tenevo d’occhio perché erano troppo vicini, tutti attaccati, senza manette ovviamente. Uno dei due ha fatto una battuta, abbiamo riso, quello che ha sparato scherzava sul fatto di fare basket e di essere alto. Insomma, una battuta del cavolo».

«Quando sono entrati ho salutato mia sorella, appena ho aperto il portone della Questura ho sentito un colpo sordo ma non avevo capito in un primo momento. Il collega dell'ufficio armi è sceso di corsa, mi ha gridato "dove sono?", "si sono sparati", "corri corri corri", uno dei due era con la pistola in mano, hanno iniziato a sparare, c'erano vetri e calcinacci dappertutto».

«Uscito dalla questura  - racconta la poliziotta - c'è stato un conflitto a fuoco, un collega in atrio gli ha sparato, nonostante sia stato colpito ha continuato ed è uscito. Una volta fuori ha incontrato la macchina della Mobile e ha sparato ad altezza uomo, colpendo il montante della portiera lato passeggero».

«I tre colleghi si sono buttati per terra, hanno "cecchinato" la macchina dietro, ma lui ha sparato 15 colpi e, ferito, si è accasciato a terra. L'altro, intanto, era con me, corsa nel frattempo nel sotterraneo. Io ero in borghese, senza armi, lui scarrellava, metteva e toglieva la sicura. Ho avuto paura, cominciava a vagare per tutta la questura, c'erano colleghi che sparavano, alla fine sono arrivati gli Uopi (unità operative di pronto intervento) nel sotterraneo e l'hanno preso».

 

 

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