Bufera giudiziaria lungo l’arco jonico cosentino nel settore sanitario: emesse 19 misure cautelari nei confronti di medici e farmacisti accusati a vario titolo di truffa aggravata ai danni del servizio sanitario nazionale.

Un giro d’affari che ruota attorno al milione di euro. L’operazione è stata portata a termine dai Carabinieri del Nas di Cosenza e del Gruppo Tutela Salute di Napoli con l’ausilio dei Carabinieri dei Comandi Provinciali di Cosenza e Crotone, sotto il coordinamento della procura della repubblica del tribunale di Castrovillari guidata da Alessandro D’Alessio. Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari.

Le misure cautelari

Sono ancora in corso numerose perquisizioni presso abitazioni, ambulatori medici e farmacie nelle province di Cosenza e Crotone con il sequestro preventivo di beni. Tre le misure coercitive di custodia cautelare in carcere disposte nei confronti di due informatori farmaceutici e di un medico di medicina generale, una misura degli arresti domiciliari nei confronti della moglie di quest’ultimo mentre per gli altri 15 indagati, tra i quali figurano alcuni farmacisti della fascia ionica cosentina, è stata applicata la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione di titolare, gestore, collaboratore di farmacia.

I nomi

Marilena Romio, 65 anni, coriglianese residente a Calopezzati;
Giuseppe Toteda, 44 anni, di Corigliano-Rossano;
Mario Veltri, 48 anni, di Corigliano-Rossano;
Serenella Uridia Raffaella Adami, 68 anni di Rende;
Eduardo Aiello, 67, di Rocca di Neto (Crotone);
Petronela Blanariu, 39, rumena, di Corigliano-Rossano;
Vincenzo Calabrò, 63, di Crotone;
Sergio Cantafio, 69, di Corigliano-Rossano;
Silvana Di Donato, 64, di Cosenza;
Leonardo Fazio, 38, di Scala Coeli;
Salvatore Fino, 35, di Corigliano, residente a Calopezzati;
Emanuela Fino, 32, coriglianese residente a Mirto-Crosia;
Mario Fonsi, 38 anni, di Corigliano-Rossano;
Rosa Gabriele, 62, di Mirto-Crosia;
Gianpiero Garofalo, 50, di Corigliano-Rossano;
Massimo Leporace, 39, di Rende;
Santo Menga, 40 anni, di Crucoli (Crotone);
Vito Menga, 64, di Crotone;
Mariagrazia Pedace, 47, di Corigliano-Rossano.

Le indagini

L’attività d’indagine è corroborata da una serie di intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, nonché servizi di controllo e pedinamento, che hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, compiuta mediante la redazione di false ricette mediche relative a costose specialità medicinali, non collegate ad alcuna necessità terapeutica di ignari pazienti, a cui sarebbero state  prescritte al solo scopo di percepire il relativo profitto grazie al totale rimborso delle spese da parte del Servizio Sanitario.  

Il metodo della truffa

Secondo quanto ricostruito, l’informatore farmaceutico avrebbe indicato al medico di famiglia l’elenco dettagliato dei farmaci da prescrivere, secondo esigenze di profitto aziendale. Il medico, con l’aiuto della moglie, avrebbe provveduto a redigere le prescrizioni di farmaci concordate con l’informatore, attribuendole a suoi pazienti ignari, e le recapitava ai titolari delle farmacie compiacenti, che provvedevano a rifornirsi dei farmaci. Una volta ricevuti i prodotti, i farmacisti o i loro collaboratori avrebbero rimosso i bollini identificativi (c.d. “fustelle”) dalle scatole dei medicinali e li avrebbero applicati sulle false prescrizioni. Queste ultime, una volta completate delle “fustelle” delle scatole dei singoli prodotti, costituiscono il titolo con cui ogni farmacista richiede ed ottiene il rimborso del prezzo del farmaco prescritto dal Servizio Sanitario Nazionale. Secondo l’ipotesi accusatoria, il farmacista avrebbe avuto anche il vantaggio di incassare dal Ssn il prezzo pieno dei farmaci, anche costosi, quando in realtà li acquistava dall’azienda con sconti superiori del 45%.

Lo smaltimento dei farmaci 

L’ultima parte dell’attività illecita posta in essere dagli associati riguardava le singole modalità di smaltimento delle centinaia di confezioni di farmaci che, ormai privi della “fustella”, non erano più regolarmente commercializzabili. Si ha ragione di ritenere infatti che, quando si trattava di polveri, liquidi o compresse di piccole dimensioni, i titolari delle farmacie si sarebbero disfatti dei medicinali gettandoli in scarpate o nei wc delle farmacie. Nella maggior parte dei casi invece, sarebbe stato il medico prescrittore, in prima persona o per il tramite dell’informatore farmaceutico, a gettarli tra i rifiuti indifferenziati.