VIDEO | Dalle carte dell’inchiesta Quarta chiave emergono dettagli drammatici come l’impiego di minori e il coinvolgimento di operai della Multiservizi
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Da soggetti impiegati nella Lamezia Multiservizi e che con la divisa da lavoro erano intenti nei traffici illeciti, ai bambini utilizzati per scaricare rifiuti dai mezzi pesanti e cercare rame. L’operazione Quarta Chiave coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro con l'impiego di ben 300 carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme che ha portato all’arresto di 29 persone e al sequestro preventivo per le aziende coinvolte con l’accusa di traffico illecito di rifiuti, furto aggravato e violazione di sigilli, ha scoperchiato all’interno del campo rom di Scordovillo un vero e proprio vaso di Pandora dai risvolti in bilico tra il drammatico e il grottesco.
I bambini tra i rifiuti
A maneggiare i rifiuti anche minorenni ripresi a scaricare autocarri e a scorticare cavi al fine di eliminarne la guaina ed estrarne il materiale ferroso. Tra questi anche bambini di cinque anni abituati a respirare le sostanze tossiche emanate dai roghi. Un’emergenza umanitaria che si somma a quella ambientale più volte messa in rilievo dalle indagini della Procura che già aveva individuato nell’accampamento traffici illeciti legati a scarti e rifiuti.
I sequestri
Il primo sequestro preventivo risale al 2006 e aveva riguardato le vie d’accesso al campo. L’Arpacal più di recente si è espressa e sulla base dei prelievi dal terreno ha affermato che quei 25 mila ettari di baracche, container e fogne a cielo aperto calati nel cuore di Lamezia dal 1982, anche qualora venissero bonificati, per essere salubri dovrebbero rimanere non utilizzati per almeno venti anni.
Ora il dubbio che la situazione non sia recuperabile. E il paradosso è che il campo rom non solo è alle spalle del Giovanni Paolo II ma risulta essere zona ospedaliera nel vecchio piano regolatore, mentre nel nuovo psc in fase di approvazione è considerato area ad uso ospedaliero.