Il processo "Selfie" si è concluso in primo grado con 21 condanne e una assoluzione. Il gup Stefania Rachele ha confermato l'impianto accusatorio della Dda di Reggio Calabria nel processo nato da un'inchiesta dei carabinieri che ha smantellato un gruppo di trafficanti di marijuana e hashish che riforniva le piazze laziali. Sono state accolte, quindi, le richieste dei pm Diego Capece Minutolo e Giovanni Calamita. Le condanne più pesanti sono state inflitte a Michele Carabetta, e ad Alfredo Celani. Entrambi sono stati condannati a 20 anni di detenzione.

Residente a Casignana nella Locride, Carabetta si sarebbe occupato della distribuzione della sostanza stupefacente e della consegna a due gruppi distinti di stabili acquirenti nella capitale e a Latina. Stando all'indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, la droga proveniente da San Luca veniva poi consegnata a Celani che, a Latina, avrebbe disposto di una propria rete di spaccio.

Sarebbe stato lui, infatti, secondo i pm, ad assumere un ruolo di organizzatore del sodalizio, contrattando direttamente il prezzo delle compravendite di stupefacente, sempre in diretto collegamento con Michele Carabetta, ritenuto dai pm un fedelissimo del boss Antonio Pelle detto "la mamma", non coinvolto nel processo "Selfie".

A Daniele D'Ambrosi, di Roma, sono stati inflitti 19 anni e 8 mesi di detenzione mentre Marco Pizzata, di San Luca, è stato condannato a 14 anni. Accusati a vario titolo di associazione finalizzata alla produzione e al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio, ricettazione, detenzione e porto illegale di arma da sparo, gli altri diciassette imputati hanno riportato condanne fino a 9 e 7 mesi di reclusione. L'unica assolta è Alessia Melini.