Per i magistrati solo il carcere può impedirgli di inquinare le prove, ma l’ex giudice Marco Petrini dietro le sbarre non ci vuole stare. Per questo i suoi legali hanno presentato una nuova istanza di scarcerazione che il prossimo 28 maggio verrà discussa di fronte ai giudici del Riesame di Salerno.

Le nuove accuse

Ed è in quella sede che l’ex giudice potrebbe essere chiamato a spiegare quale delle tante versioni che ha fornito nel corso dei suoi interrogatori sia veritiera, ma soprattutto se e in che misura abbiano influito sulla sua collaborazione le reprimende della moglie, Patrizia Gambardella, di recente iscritta sul registro degli indagati per induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria in concorso con persone allo stato ignote. Lei si è difesa. A mezzo nota stampa, urbi et orbi, ha giurato di non aver mai condizionato il marito. Ma la ricostruzione fatta dai magistrati di Salerno sembra diversa. E parte dalla viva voce di Gambardella.

Le conversazioni intercettate

È ascoltando due conversazioni fra i coniugi che inquirenti e investigatori hanno avuto il sospetto che qualcuno avesse potuto convincere Petrini a correggere il tiro, dopo i primi interrogatori. «Ti vogliono ammazzare tutti, non hai capito tu cosa hai combinato pure, tu non hai capito niente Marco» sentono dire alla donna in una delle due telefonate intercettate. E ancora: «Tu d'ora in poi devi solo ascoltare me. Le cose che hai fatto da solo sono tutte sbagliate». Lui capitola. «Cambierò indirizzo, capito Stefa». E forse non a caso qualche giorno dopo chiede e ottiene di tornare di fronte ai magistrati, ai quali propina una nuova versione delle vicende raccontate in precedenza.

Le mille versioni di Marco Petrini

Passa qualche settimana, l’ex giudice anche a marzo viene sentito. Ma nei mesi successivi, ecco un’altra giravolta. Il 7 aprile torna davanti ai pm ai quali chiede di tenere conto delle sue dichiarazioni, ma «solo a partire dal 2 marzo». I due interrogatori di febbraio, spiega, erano stati resi «in stato di profonda prostrazione» dunque non attendibili. È la versione numero tre. Troppe per i magistrati della Dda di Salerno, che sui domiciliari in precedenza concessi hanno cambiato idea. Troppe anche per il gip che, accogliendo la richiesta dei pm, ha disposto il trasferimento in carcere per l'ex giudice. Nonostante Petrini fosse in un convento lontano dalla Calabria, si è mostrato comunque troppo condizionabile. E il sistema di cui sospettano fosse parte, ancora in grado di far sentire il proprio rilievo e peso. Per questo, dopo le perquisizioni disposte a casa, in ufficio e nell'auto della moglie si continua a indagare «contro ignoti» che con lei avrebbero agito «in concorso»

 

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