«Non sai chi sono io? Sono Giovanni Tegano». In carcere il nipote del boss

Nel maggio di un anno fa aggredì un giovane perché gli disse di andare piano con l'auto. Ristretto ai domiciliari, continuava ad accogliere amici e trascorrere serate conviviali. Per lui si sono aperte le porte del penitenziario

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8 agosto 2018
13:14

Nel pomeriggio di ieri, al culmine di approfondite indagini coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, gli investigatori della locale Squadra Mobile hanno condotto in carcere Giovanni Tegano, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 25.03.1996 e residente ad Archi - nipote del noto boss Giovanni Tegano cl. 1939, vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta ed attualmente detenuto - per il delitto di violenza privata aggravato dalle modalità mafiose, commesso in pregiudizio di un giovane reggino, in esecuzione di una nuova ordinanza emessa dal gip al Tribunale di Reggio Calabria di aggravamento della precedente che disponeva gli arresti domiciliari.  

 


L’uomo era stato arrestato e posto ai domiciliari il 22 giugno scorso sempre della Polizia di Stato per i fatti avvenuti nella notte del 28 maggio 2017, dinanzi ad un noto bar della movida reggina, allorché il predetto giungeva sul posto insieme ad altri giovani a bordo di un’auto a forte velocità, andando così ad impattare con il marciapiede posto vicino al luogo in cui era seduta la vittima che stava trascorrendo la serata insieme ai propri amici; quest’ultimo, avvertito l’impatto della ruota contro il marciapiede, aveva fatto cenno al conducente di andare piano, trovando tuttavia la pronta reazione del guidatore che scendeva dal veicolo, unitamente ad altri quattro giovani, e con fare minaccioso profferiva parole del genere Non sai chi sono io? Sono Giovanni Tegano”, continuando poi ad inveire e ad utilizzare la chiave dell’autovettura spingendola contro il collo della vittima, provocandogli lesioni personali.

 

Viene contestata l’aggravante mafiosa per avere evocato, ostentando il proprio cognome, la forza intimidatoria dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, storicamente espressione di una delle più temibili frange della locale criminalità organizzata. Nel più recente periodo, a seguito di ulteriori indagini svolte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, supportate da presìdi tecnologici, sono state riscontrate continue ed abituali violazioni degli obblighi imposti al giovane  con l’Ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari, essendo emerso come lo stesso, violando l’assoluto divieto, fosse solito non solo comunicare per via telefonica e telematica (Sms e videochiamate) con persone diverse da quelle con lui conviventi  -  quindi potenzialmente a conoscenza dei fatti in contestazione ed eventualmente anche in grado di concordare versioni di comodo sull’accaduto -  ma anche prendere appuntamenti e ricevere, con assidua frequenza, degli amici con i quali trascorrere serate conviviali presso l’abitazione in cui era ristretto. Per questo motivo è stato condotto nella casa circondariale di Reggio Calabria “San Pietro”, dove si trova attualmente ristretto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria procedente.

 

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