Nessuno sfratto, nessuno sgombero forzato, ma solo l’invito ai migranti a trovarsi un’altra sistemazione e alle autorità a provvedere alla chiusura della tendopoli. Così il sindaco di San ferdinando, Andrea Tripodi, sintetizza le sue intenzioni all’indomani della comunicazione – recapitata agli ospiti dell’attendamento – che tante polemiche stava cominciando a suscitare.

 

«Non c’è una data precisa entro la quale chiedo che la struttura venga smantellata – precisa il primo cittadino – ma dobbiamo a tutti i costi accelerare verso il superamento di questo modello abitativo, così come da sempre ci diciamo. Ovviamente ogni cosa va concordata con la prefettura e le associazioni, rendendo protagonisti gli stessi migranti che oggi patiscono per una situazione che è nuovamente esplosiva». Tripodi chiede un cronoprogramma stringente. «La chiusura potrebbe coincidere con i giorni di completamento della gestione e del presidio assicurato grazie alle gare d’appalto che abbiamo fatto – prosegue – evitando ciò di fare un nuovo bando per l’affidamento».

 

Per il Comune, quindi, la terza tendopoli istituzionale creata dopo la rivolta di Rosarno va chiusa. «Nel 2017 – spiega Tripodi – eravamo d’accordo che questa fosse l’ultima tendopoli. Un risposta emergenziale, ma a tempo, che invece per colpa dei mancati impegni dello Stato e della Regione oggi sembra lontana dal virtuosismo iniziale. Abbiamo di fronte una struttura che è diventata nuovamente un concentrato di tensioni sociali pronte ad esplodere».

 

Per il sindaco del centrosinistra questo è il tempo migliore per agire perché sono poco più di cento gli ospiti attuali e tra qualche giorno scade l’affidamento all’associazione Borrello.
Al sindacato Usb e all’associzione Medici per i diritti umani, che nei giorni aveva criticato l’accelerazione inferta dal sindaco, Tripodi risponde con parole lapidarie: «Ognuno ha il diritto di coltivare perplessità, ma l’integrazione per cui tutti ci battiamo non è certamente quella che vediamo grazie a questa tendopoli».