In Italia abbiamo questa tendenza a dividerci in maniera netta come guelfi e ghibellini o ultrà di opposte fazioni. Figuriamoci su questioni dal forte impatto emotivo come quella dell’immigrazione. Anche sul caso Lucano gli italiani si sono divisi a metà fra innocentisti e colpevolisti, fra chi considerava Mimmo “u curdu” un imbroglione e chi lo considerava un Santo, il tutto condito dalla solita venatura ideologica.

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Il rischio è che si è discusso molto di Lucano e poco del modello di accoglienza che ha rappresentato Riace. Un modello che ha evidentemente funzionato, pur trovando mille limiti nella sua applicazione. È indubbio, però, che un piccolo paese dell’entroterra calabrese con quei migranti portati dal vento è stato rivitalizzato, portato al centro dell’attenzione mondiale. Allora sarebbe il caso di riprendere una discussione su questi temi visto che la Calabria è terra di frontiera e si trova nel bel mezzo di un fenomeno che in queste settimane sta diventando sempre più cospicuo nei  numeri e nei problemi.

Soprattutto in questo periodo in cui le ricette del Governo si stanno manifestando inadatte ad offrire soluzioni. I giudici, attraverso una serie di pronunciamenti, stanno di fatto demolendo l’impianto del Decreto Cutro, nato sull’ondata emotiva del naufragio del cacicco a Steccato di Cutro il febbraio scorso. Anche in questo braccio di ferro fra l’esecutivo e il potere giudiziario gli italiani si sono divisi in guelfi e ghibellini. Il volto simbolo di questa vicenda è diventata la giudice di Catania, Iolanda Apostolico, la prima a non aver convalidato quattro trattenimenti ordinati dalla Prefettura per altrettanti cittadini tunisini.

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La pronuncia ha creato subito un vespaio con alcuni contorni anche inquietanti. Ci riferiamo ai video del 2018, diffusi dalla Lega, in cui appare il magistrato manifestare per chiedere lo sbarco a terra degli immigrati della nave Diciotti. Le polemiche si sono concentrate proprio sulla partecipazione del giudice alla manifestazione e le controaccuse di dossieraggio piovute sul Governo.

Una polemica infinita che ha fatto passare in secondo piano una sentenza molto più importante sul tema che è quella del tribunale di Firenze, sezione immigrazione. Questo pronunciamento assume particolare valore perchè si spinge non solo a contestare la legittimità costituzionale dell’idea di poter rinchiudere in hot spot i migranti in attesa dell’esito della loro richiesta di asilo accelerata, ma anche perchè mette a nudo quanto sia difficile mettere in pratica lo slogan caro alla destra dell’“aiutiamoli a casa loro” per l’instabilità geopolitica di molti paesi dell’Africa. I giudici hanno accolto il ricorso contro il decreto d’espulsione di un cittadino tunisino sostenendo che la Tunisia non è affatto un Paese sicuro come invece l’ha classificato la Farnesina. Questo perchè Said sta concentrando sempre di più il potere nelle sue mani e zittendo l’opposizione. I giudici poi ricordano come in Tunisia siano stati destituiti ben 47 magistrati, mai reintegrati nonostante il pronunciamento di alcuni tribunali amministrativi, con due di loro finiti anche in carcere. La partecipazione alle ultime elezioni, poi, si è fermata al 9% e l'Unhcr ha espresso grave preoccupazione per le centinaia di migranti bloccati in condizioni disumane ai confini fra la Libia e l’Algeria.

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Anche qui il Governo ha sollevato dubbi di pregiudizio dei giudici, ma i fatti hanno dimostrato che i togati avevano ragione. La Meloni aveva puntato moltissimo sugli accordi bilaterali fra la Ue e la Tunisia per frenare il flusso migratorio. Accordi ben retribuiti per Said. Proprio ieri però c’è stato lo schiaffo di Tunisi alla Ue: ha restituito fisicamente i 60 milioni che Bruxelles gli aveva versato. Il presidente tunisino Said aveva definito quei soldi un’elemosina dicendo che non avrebbe mai fatto il guardacoste dell’Europa.

Se questa è la situazione allora forse sarebbe meglio togliersi i panni dei tifosi e avviare una riflessione seria, se non un modello, sull’intricata vicenda dell’immigrazione e su come trasformare un problema in un'opportunità, soprattutto per le aree interne della Calabria.