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Rappresenta sicuramente una delle articolazioni più potenti dell’intera ‘ndrangheta quella del Cirotano, forte di una consolidata caratura criminale acquisita negli anni con una sapiente politica di alleanze che ha permesso al clan Farao-Marincola di Cirò di sedere al tavolo con i boss più potenti dell’intera Calabria (ad iniziare dagli Arena di Isola Capo Rizzuto) e diversificare i settori degli affari.
L’operazione “Stige” della Dda di Catanzaro ha il merito di svelare con dovizia di particolari ruoli, territori di influenza e gerarchie all’interno del clan, dai capi storici sino alle nuove leve.
Capi e dirigenti del clan. Per tutti l’accusa è quella diassociazione mafiosa, ma iruoli sono fortemente diversificati a seconda della posizione occupata all’interno del clan. Quali promotori dell’associazione mafiosa vengono indicati Giuseppe Farao, 71 anni, ed il fratello Silvio Farao, 70 anni, di Cirò Marina. Accanto a loro, Cataldo Marincola, 57 anni, di Cirò Superiore.
Con i capi storici in galera da tempo, il controllo del territorio di Cirò Marina sarebbe stato affidato a Salvatore Morrone, 57 anni, che avrebbe monopolizzato con metodi mafiosi la distribuzione di prodotti da forno ed i servizi di onoranze funebri, per il tramite dell’impresa individuale “Morrone Francesco” e della “Onoranze Funebri Morrone e Carluccio Srl”, con sedi a Cirò Marina intestate a prestanomi. Morrone avrebbe avuto pure il compito di tenere i contatti con le amministrazioni comunali di Cirò Marina e di Cirò Superiore, fungendo da rappresentante della consorteria nei rapporti con le organizzazioni ‘ndranghetistiche di tutto il Crotonese.
Vito Castellano, 53 anni, è invece accusato di essere uno dei responsabili del controllo mafioso di Cirò Superiore, nonché il responsabile della distribuzione dell’imposizione di prodotti vinicoli in Calabria e in Germania, per tramite dell’impresa “Cav. Antonio Malena 1949 Srl”, con sede a Cirò Marina.
L’altro “responsabile” di Cirò Superiore viene indicato in Giuseppe Sestito, 54 anni, garante dell’imposizione di prodotti vinicoli e di bevande, per tramite delle imprese “Cirò Ve.Be.Ca. Sas” e “Tre Q Srl”, con importanti responsabilità nell’allocazione delle risorse della c.d. ‘bacinella’, nella selezione delle speculazioni imprenditoriali, nella gestione dei rapporti con le organizzazioni criminali di Cutro e San Leonardo di Cutro.
L’azionista della cosca, capace di organizzare fatti di sangue ove necessario, viene indicato in Giuseppe Spagnolo, 49 anni, di Cirò Marina. Avrebbe importanti responsabilità nella monopolizzazione-imposizione dell’offerta di pescato proveniente dalla flotta peschereccia di Cariati e Cirò, per tramite delle imprese “Pescheria Desireè” sita a Cirò Marina e “Profumo di mare” sita a Torre Melissa. Spagnolo avrebbe poi interessi nella gestione dei servizi turistici, attraverso lo stabilimento balneare denominato dapprima “Ninì Prince” e successivamente “Nick Beach”, sito a Cirò Marina e quale gerente occulto delle imprese Ag Film Srl” di Cirò Marina e “G-Plast Srl” di Torretta di Crucoli che monopolizzano la raccolta e rigenerazione di plastica e cartone. Spagnolo avrebbe poi procacciato voti con metodo mafioso in occasione delle competizioni elettorali.
Martino Cariati, 38 anni, di Cirò Marina, avrebbe invece il monopolio della distribuzione di prodotti alimentari, per tramite dell’impresa “Universal Distribution Srl” con sede a Cirò Marina;
Vittorio Farao, 40 anni, figlio di Silvio Farao, viene poi indicato come il rappresentante della famiglia dei Farao promotori detenuti. Avrebbe gestisto la distribuzione di prodotti vinicoli anche all’estero, tramite l’impresa “Cav. Antonio Malena 1949 Srl” di Cirò Marina. Tramite la “De.Ri.Co. New Geo Srl”, la cosca si sarebbe invece imposta alle amministrazioni comunali per la raccolta dei rifiuti. Vittorio Farao sarebbe stato interessato pure al gioco online e delle slot machine, tramite l’impresa “Pianeta Scommesse s.a.s di Anania Fabrizio & C”.
Francesco Tallarico, 41 anni,viene indicato come uno dei capi del clan, componente il direttorio della cosca Farao-Marincola, quale responsabile del comune di Casabona, controllando una serie di imprese attive nel settore della distribuzione di semilavorati per pizza, quali la “Cuordifarina Srls” e la “Molino Caputo di Caputo Amodio”, con sede a Casabona e Strongoli, e nel settore della distribuzione di carburante, segnatamente la “S.C. Petroli Spa” e la “Sds Carburanti Sas” entrambe con sede a Casabona. Sovrintende, inoltre, secondo l’accusa, all’operato di Lugi Muto, 31 anni, di Cutro, che avrebbe organizzato truffe facoltose detenendone gli utili in bacinella.
L’intero altopiano silano sarebbe stato controllato da Vincenzo Santoro, 52 anni, di Mandatoriccio, in provincia di Cosenza, che si sarebbe occupato anche del sostegno ai latitanti. Avrebbe poi svolto compiti di controllo e coordinamento di coloro i quali gestiscono gli appalti boschivi pubblici e privati, tenendo i rapporti con le diverse organizzazioni criminali territoriali, assicurando una suddivisione dei proventi secondo una logica spartitoria che avrebbe tenuto in debita considerazione il peso criminale delle diverse organizzazioni ‘ndranghetistiche.
Il presunto boss di Strongoli viene indicato invece in Salvatore Giglio, 52 anni, risolvendo in via preventiva ogni contrasto tra gli imprenditori che controlla e quelli di riferimento della cosca Farao-Marincola, condizionando anche l’amministrazione comunale strongolese.
Assunta Cerminara, 66 anni, di Cirò Marina, avrebbe avuto il compito di tenere continui contatti, per il tramite dei colloqui carcerari, con il marito Giuseppe Farao, veicolando gli ordini a Castellano Vito, Sestito Giuseppe, Morrone Salvatore e Spagnolo Giuseppe. La moglie del boss avrebbe avuto compiti di rilievo nella distribuzione degli utili confluiti in ‘bacinella’ del clan.
Giuseppe Berardi, 43 anni, assessore comunale di Cirò Marina nelle ultime tre amministrazioni (2006, 2011 e 2016), e da ultimo anche vicesindaco, sarebbe stato infine un uomo al servizio dei Farao, ed accusato anche di essere inserito nella gestione dell’impresa di ‘ndrangheta che avrebbe monopolizzato i servizi di lavanderia, la “Wash Plus sas” di Cirò Marina.
G.B.