Parli di sanità in Calabria e subito vengono in mente cittadini esasperati, strutture fatiscenti, mancanza di servizi essenziali. Benvenuti nella terra dove il diritto alla salute non esiste, nella quale ammalarsi è un lusso che il cittadino comune non può permettersi. Nell’ultimo decennio, nel nome del taglio della spesa e del risparmio, gli ospedali sono stati chiusi, i servizi ridotti all’osso e parte dei compiti dello Stato sono stati demandati ai privati. Ma non è sempre stato così, anzi, ci sono stati anni in cui si spendeva, e anche tanto. Guardandosi intorno, però, ci si rende conto che i soldi pubblici sono stati sperperati, nella grande maggioranza dei casi. E si ha coscienza di ciò partendo dalle piccole cose per capire, alla fine, come si è giunti, per esempio, al debito monstre accumulato negli anni dell’Asp di Reggio Calabria.


«Le ex Usl della piana di Gioia Tauro erano proprietarie di molti immobili – ha dichiarato Giuseppe Gentile, segretario del sindacato Sulpi – Parliamo di terreni e edifici. Questi beni erano stati dati in affitto a prezzi davvero irrisori. Ebbene, nel corso degli anni i locatari hanno usucapito quei beni e l’Azienda sanitaria li ha persi senza avere nulla in cambio».

Intanto però, mentre i privati si accaparravano beni pubblici, l’allora As 10 di Palmi, che aveva inglobato le ex Usl territoriali, affittava un immobile, che ancora ospita l’ex sede della direzione generale, per la quale l’Asp di Reggio Calabria paga un sostanzioso canone di locazione.


«L’Azienda sanitaria – ha aggiunto il segretario Gentile – paga per quell’immobile 250mila euro all’anno. Con l’affitto di un solo anno si potrebbero ristrutturare i locali dell’ex ospedale di Palmi e ospitare i pochi uffici presenti nella sede della Direzione sanitaria che, con la creazione delle Aziende provinciali è stata provata di molti uffici».
Altra vergogna, poco conosciuta, è quella legata alle residenze sanitarie assistenziali costruite in tutta la Calabria con fondi della Regione e mai entrate in funzione.
«A cavallo degli anni ’90 e 2000 – ha attaccato Gentile – in Calabria sono state costruite sei Rsa, residenze sanitarie assistite per anziani. È uno scandalo passato in secondo piano, ma molto grave. Per esempio a Cittanova è stato smantellato il reparto di Ortopedia, che funzionava molto bene, per fare posto alla Rsa. Ebbene, dopo avere speso più di 4 miliardi delle vecchie lire e avere fatto un hotel a 5 stelle, quei locali sono rimasti inutilizzati per più di 10 anni fino a quando sono stati dati in gestione a una cooperativa. Per non parlare della residenza di Rizziconi, costruita su un pantano ed è inagibile».
La residenza assistenziale di Rizziconi è un altro monumento allo spreco: altri 2 milioni e 100mila euro di soldi pubblici buttati per l’ennesima cattedrale nel deserto. E cosa dire dei 500mila euro spesi per l’istituzione di un Hospice per malati terminali a Melicucco? Nel 2005 l’Asp sottoscrive un accordo con il Comune nella piana per 1500 di affitto al mese più mezzo milione impiegato per la ristrutturazione. Ciò che resta di quell’investimento è un rudere divorato dalla vegetazione.


E mentre la sanità andava a fondo, negli ultimi anni, l’Asp spendeva 619mila euro per l’ex ospedale di Oppido Mamertina; 4 milioni per quello di Palmi, 1 milione per quella di Taurianova, strutture vuote che mantengono in vita un reparto; spese inutili, mentre i servizi essenziali venivano dati in mano ai privati. «I servizi essenziali – ha concluso il segretario del Sulpi – sono il 118, la tac, la risonanza e laboratori di analisi. Servizi dati in gestione ai privati. Non possiamo, però, dare i servizi essenziali in mano ai privati, che hanno come unico fine quello del guadagno. Il pubblico ha il dovere di gestire quei servizi e farli rendere al meglio per i cittadini».


Sono solo alcuni esempi, simili a tantissimi altri sparsi per tutta la regione, e che ci portano fino al secondo scioglimento dell’Asp di Reggio Calabria in 10 anni e la scoperta del segreto di Pulcinella, di quello che tutti da anni già sapevano.
«Quando sono stato nominato commissario straordinario dell’Asp di Reggio Calabria – ha dichiarato Santo Gioffrè – mi sono trovato davanti a una situazione che mai avrei immaginato di trovare nel servizio pubblico e che ho denunciato all’Azienda e alla magistratura: la completa non gestione, bilanci dal 2007 al 2011 inesistenti, doppi pagamenti, transazioni false e un buco stimato, nel 2015, di 385 milioni di euro».