«Noi non ci arrendiamo, non ci possiamo arrendere perché la passione che condividiamo con tutti gli operatori del centro calabrese di solidarietà è una passione per l'altro e la vita è un dono pulito». Reagisce così Isolina Mantelli, la presidente del centro calabrese di solidarietà, associazione di volontariato che gestisce il centro sociale divenuto oggetto di una pesante intimidazione. La notizia è stata divulgata ieri: un giovane - poco più che quattordicenne si è introdotto nella struttura nel quartiere Aranceto a Catanzaro e ha esploso in aria un colpo di pistola caricata a salve. 

Videosorveglianza

«Il centro calabrese non è abituato a fare passi indietro ma accetta la sfida; raccogliamo il guanto come abbiamo raccolto il bossolo. Ringraziamo l'amministrazione comunale di Catanzaro che ha immediatamente dichiarato che sarà impiantato un sistema di videosorveglianza, quindi in futuro saremo più sicuri perché non è la prima volta. Anche in passato abbiamo subito minacce e tentativi di spaventarci. Adesso saranno identificate le persone che compiono queste azioni nel buio e tutto sarà reso pubblico».

Minacce e furti

Secondo quanto riferito, il centro sociale era già divenuto bersaglio di furti ai danni di operatori esterni e tenuti sotto controllo da vedette, presenti nella zona tra quelle ad alta densità criminale. «Noi abitiamo tutti i quartieri complicati perché noi abitiamo tutte le periferie - ha precisato la presidente -. E le periferie non sono a Catanzaro, così come nelle altre città, dei luoghi tranquilli sono luoghi dell'emarginazione e della violenza».

Abitare le periferie

Il centro calabrese di solidarietà svolge all'Aranceto progetti di inclusione sociale e di contrasto alla povertà educativa che coinvolge bambini dai 6 agli 11 anni: «Dopo questo episodio sono passata da un momento di delusione e rabbia a pensare che quel che è avvenuto avrei dovuto prenderlo come un complimento perché paradossalmente così dimostrano che noi lavoriamo bene e sottriamo alla criminalità organizzata degli adolescenti. Stiamo lavorando perché non ci sia una condanna sulla vita di questi bimbi che nascono nelle periferie ma che abbiano la possibilità di scegliere una vita migliore e questo lo si può fare solo attraverso la cultura».