Non c’è solo l’ipotesi di peculato a gravare sulla posizione del sindaco di Petilia Policastro,Amedeo Nicolazzi, tra le 8 persone indagate dalla Procura della Repubblica di Crotone. Tra i reati ipotizzati risalta anche concussione e violenza sessuale, che sarebbe stata perpetrata da Nicolazzi nei confronti di una bracciante agricola, sua concittadina, che si era rivolta al sindaco nella speranza di trovare un posto di lavoro al figlio da poco diplomatosi. L’episodio risale alla fine di luglio 2018, quando la donna si recò in Comune per perorare la sua causa, incontrando il sindaco nel suo ufficio. La conversazione tra i due è stata captata dai dispositivi di intercettazione ambientale presenti nella stanza, cristallizzando quello che avvenne.

«Fatti vedere... girati»

Alle richieste della donna, che chiedeva attenzione per il futuro del figlio, «Nicolazzi – si legge nell’ordinanza – palesava la sua disponibilità e la sua sensibilità subordinate al soddisfacimento dei suoi appetiti, non limitandosi ad un solo approccio. Nel corso dell’intero dialogo cercava in tutti i modi di aggirare la vittima con pluralità di allusioni, promesse, minacce e pretese. Sul finire del dialogo sferrava il suo attacco, palpeggiando le felliniane forme (così viene descritta nell’atto l'avvenenza della vittima, ndr) di …». "Fatti vedere… e girati…", le avances di Nicolazzi registrate dai microfoni sono esplicite. Come altrettanto esplicito è il rifiuto della donna che si schernisce: "Non mi mettete in imbarazzo…"».

«Tu fai, io ti aiuto...»

Poi la richiesta, che sembra inequivocabile: «Ti aiuto, se tu ci tieni a me… tu fai, io ti aiuto», sono le parole del sindaco riportate nei brogliacci. Approccio al quale la donna cerca di sottrarsi, ma Nicolazzi avrebbe insistito: "Non scappare però… dedicami due minuti… due minuti e te ne vai"».
A quel punto la vittima, nel tentativo di allontanarsi, usa come giustificazione la circostanza che il figlio è in attesa in auto, nei pressi del Comune. «Ascoltatemi, c’è sotto mio figlio». Ma Nicolazzi insiste: «Ok… non facciamo niente di quello che pensi… fatti guardare… solo guardare… stai tranquilla, non è questo il posto per fare certe cose. Solo il seno voglio guardarti. Ti chiedo questa cosa, la prossima volta poi staremo un po’ insieme». Al nuovo rifiuto della donna, che con grande imbarazzo cerca di sottrarsi alle avances, il sindaco avrebbe cambiato strategia: «Neanche una carezza a me… Io a te, no! Ma tu a me?».

Il tentativo di baciarla

La conversazione continua su questi toni, finché la donna fa per andarsene. A quel punto Nicolazzi avrebbe cercato di baciarla sfiorandole le labbra. Un particolare emerso poi durante l’escussione della vittima da parte dei carabinieri, ai quali ha spiegato di essersi rivolta a Nicolazzi «perché sindaco e grosso imprenditore, così da poter offrire una qualsiasi attività lavorativa a mio figlio».

«Chi meglio di lui – mettono a verbale i carabinieri - poteva aiutarmi nel trovare un’occupazione a mio figlio appena diplomato? Inoltre in giro avevo sentito dire che altre persone si erano rivolte al sindaco per un lavoro». In effetti, in un precedente incontro, nei primi giorni di luglio, Nicolazzi si era dimostrato gentile, accogliendo la donna e il figlio «con estremo garbo ed educazione, in una piccola stanzetta adiacente al suo ufficio». «Nell’occasione – prosegue la donna dinnanzi ai carabinieri – chiese a mio figlio il curriculum, in modo di aiutarlo a inserirlo in un posto di lavoro, senza precisare quale; ricordo che gli chiese in che settore intendeva lavorare e noi rispondemmo che andava bene qualunque cosa…».

Il timore che suo figlio venisse a sapere

Poi, alla fine di luglio, il nuovo incontro, che è costato al primo cittadino di Petilia Policastro l’accusa di concussione e violenza sessuale. Momenti dai quali la donna uscì sconvolta: «Quando mi alzai dal divano per andarmene, dirigendomi verso la porta, lui si avventò per baciarmi, riuscendo solo a sfiorarmi le labbra, perché lo respinsi. Quindi, andai via terrorizzata».
Questo stato di soggezione, ma soprattutto il timore che il figlio venisse a sapere dell'episodio - ha poi spiegato la vittima agli inquirenti -, le hanno impedito di denunciare l'accaduto, emerso soltanto grazie alle intercettazioni e poi confermato dalle dichiarazioni della donna quando è stata chiamata per essere ascoltata.