I primi cittadini di Soriano Calabro, Tropea, Brognaturo, Drapia, Zambrone, Nicotera e Parghelia scrivono al presidente ff della Regione: «Prima le proteste contro la zona rossa poi misure più restrittive di quelle del Governo»
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Sette sindaci vibonesi si oppongono alla chiusura delle scuole. Sono i primi cittadini di Soriano Calabro (Vincenzo Bartone), Tropea (Giovanni Macrì), Brognaturo (Cosmo Tassone), Drapia (Alessandro Porcelli), Zambrone (Corrado Antonio L'Andolina), Nicotera (Giuseppe Marasco) e Parghelia (Antonio Landro): hanno scritto al presidente facente funzioni della Regione Calabria Nino Spirlì chiedendogli di revocare l’ordinanza con cui ha chiuso le scuole fino al 28 novembre. La missiva per conoscenza è stata inviata anche alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, dichiaratosi più volte favorevole a lasciare le scuole aperte.
«Prima proteste per zona rossa poi misure più restrittive»
I sindaci vogliono «capire quale percorso logico abbia indotto il presidente f.f. Spirlì a chiudere le scuole calabresi per 10 giorni. Prima si protesta contro la "zona rossa" decretata dal Governo, e fanno bene, poi, il presidente f.f. fa ricorso al Tar contro l'ordinanza del Ministro Speranza, mentre il sindaco di Reggio Calabria, Falcolmatà, organizza la sommossa dei sindaci il 19/11, annunciando un sit-in a Palazzo Chigi per chiedere la fine del commissariamento della sanità calabrese. Protestano, e fanno bene, contro la zona rossa – sottolineano gli amministratori vibonesi -, ma poi fanno a gara, andando oltre le limitazioni imposte dal Governo nelle suddette zone. Chiudono le scuole i sindaci dei capoluoghi di Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia, Reggio Calabria... infine arriva l'ordinanza di Spirlì che gli asili possono rimanere aperti». E citano anche alcuni studi: «Secondo numerosi studiosi "Le scuole non sono hotspot per le infezioni di Coronavirus" e " le infezioni da COVID-19 non sono aumentate quando le scuole e gli asili nido hanno riaperto"».
«Scuole chiuse solo nella martoriata Calabria»
I primi cittadini sottolineano quindi che in tutta Europa, tranne che in italia, le scuole avevano già riaperto a maggio; e anche ora, durante la seconda ondata, nelle zone rosse Piemonte e Lombardia le scuole sono aperte. «Soltanto nella già martoriata Calabria – scrivono -, umiliata da una crisi Sanitaria, Economica, e, da oggi, anche Sociale, il virus sembrerebbe colpire principalmente le scuole, e per questo Spirlì non esita a sacrificarle compromettendo la crescita sana delle future generazioni, infischiandosene delle gravissime ricadute culturali, educative e psicologiche che la loro chiusura provoca nei bambini, del dramma dei bambini che vivono gravissime situazioni di disagio familiare e che solo nella scuola trovano un momento di serenità ed un interlocutore cui chiedere aiuto, per non parlare, infine, dei genitori che devono continuare a lavorare».
«Chiudendo le scuole, inoltre – incalzano, rivolgendosi direttamente al governatore ff -, ci saranno migliaia di bambini che verranno lasciati dai nonni, da altri parenti, o comunque ad altre persone, e, Lei, Presidente Spirlì, non può non tenere conto della possibilità, più realistica, di una trasmissione del virus, facilitata da tali situazioni e spostamenti. Un Paese serio lascerebbe i bambini a scuola (in effetti il Dpcm del 3 novembre lo prevede) poiché luoghi sicuri, controllati, e anche più sani rispetto ad altri ambienti, affinché possano continuare nel loro progetto culturale e ridurre il rischio di contagio».
Sierologico settimanale al personale
«E se il problema dovesse essere rappresentato dal personale docente o Ata, si potrebbe affrontare con un semplice tampone sierologico, anche settimanale, dato il costo irrisorio dello stesso in rapporto alle somme Covid non spese, e dare la massima tranquillità a noi, nella qualità di massima autorità sanitaria del territorio, e agli alunni, per i quali noi ci assumiamo delle responsabilità, convinti che la cultura e l'insegnamento in presenza siano alla base dello sviluppo della persona. Sicuramente non sarà con queste "Ordinanze", che non condividiamo né nei tempi né nei criteri, che si contribuirà a ridurre il rischio contagi e men che meno a sistemare la sanità in Calabria».
«Concludiamo nel rammentare che nella provincia di Vibo Valentia, per esempio, i dati epidemiologici sono i migliori della Regione e che la stessa ha una percentuale di persone positive inferiore al 10%, di gran lunga al di sotto della media nazionale the e attestata al 16%. La percentuale dei positivi sui controllati è del 3.10% ed è di gran lunga la più bassa d'Italia e d'Europa». Quindi una parentesi sul comune di Soriano, da cui è partito il dissenso nei confronti del provvedimento regionale, con una precisazione: qui il numero dei casi al momento è pari a zero.
Eliminare il commissariamento
«Sicuramente fra 10 giorni, quando scadrà l'ordinanza regionale, potremo rimandare i nostri figli a scuola, perché nel frattempo, avremo risolto tutti i problemi legati principalmente alla sanità, che attanagliano la Regione. Fra 10 giorni, quindi, la Calabria sarà Covid free», è la chiosa amaramente ironica. «Le chiediamo di revocare la suddetta ordinanza, e inoltre un serio impegno nell'eliminare il commissariamento della regione, che grava sui cittadini calabresi, i quali pagano, ingiustamente, uno 0,30% sull'addizionale regionale e uno 0,15% sull' IRAP, per risultati che non sono stati raggiunti. II commissario – concludono - lo paghi il governo, non i cittadini calabresi».