Nel documento firmato da Piantedosi si citano le inchieste in cui è coinvolto e singoli episodi. Dal presunto voto di scambio con esponenti delle cosche, alle promesse di assunzioni per incrementare il consenso elettorale. Ecco tutti i punti che hanno portato alla caduta dell’amministrazione
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Sono state notificate in queste ore, agli ex consiglieri comunali di Rende e ai membri della ex giunta Manna, la relazione del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi allegata al decreto di scioglimento del Comune a firma del Presidente della Repubblica. L'incipit della stessa relazione è per certi versi, una vera e propria bomba. Si parte dall’operazione “Reset” che proprio ieri ha visto i primi rinvii a giudizio per coloro che hanno scelto il rito ordinario.
Si tratta di una operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro, attraverso la quale è stata data esecuzione a un'ordinanza di misure cautelari, emessa il 2 agosto 2022 dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro nei riguardi di numerosi soggetti; tra i destinatari della misura restrittiva figurano anche il sindaco e un assessore del comune di Rende, quest'ultimo poi dimessosi dalla carica. I provvedimenti cautelari emessi nei confronti dei suddetti amministratori sono stati successivamente revocati.
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Ma il Ministro nella sua relazione di accompagnamento scrive che “l'indagine ha consentito di acclarare la persistente operatività" nel territorio di Rende "di organizzazioni criminali di 'ndrangheta", facendo cosi emergere possibili forme di condizionamento dell'amministrazione locale. Come evidenziato, la predetta indagine giudiziaria ha 'fatto emergere l'esistenza di duraturi contatti tra il sindaco (.. omissis...) e membri apicali della criminalità organizzata, tradottisi in un patto di scambio elettorale politico-mafioso". Il primo cittadino è stato rinviato a giudizio per reati di cui all'art. 416 ter c.p. (scambio elettorale politico mafioso) e di corruzione elettorale aggravata dalla finalità agevolativa mafiosa [...] in quanto risulta essere stato favorito nella tornata amministrativa del 2019 e, quindi, confermato nel suo secondo mandato elettorale.
A ciò il prefetto di Cosenza aggiunge che il sindaco di Rende è altresì indagato, presso la Procura della Repubblica di Cosenza, per (concorso in turbata libertà degli incanti) nell'ambito di altra indagine giudiziaria in relazione alla quale è stata data esecuzione nei suoi confronti di una misura cautelare poi annullata dal tribunale del riesame.
Nella stessa indagine giudiziaria è coinvolto anche il summenzionato ex assessore nonché il vicesindaco dell'ente, anch'essa destinataria di interdizione dal pubblico ufficio per mesi nove, misura poi annullata dal tribunale di riesame. Nei confronti dí quest'ultimo amministratore sono stati rilevati stretti legami familiari con un imprenditore coinvolto anch'esso nella sopra evidenziata operazione Reset e "destinatario di provvedimento di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafioso".
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Ancora la relazione parla di «irregolarità emerse in occasione delle elezioni del 2019» e come «conferma» cita una situazione (che risulterebbe «da riscontri investigativi») in cui il primo cittadino sospeso si sarebbe «avvalso della collaborazione di due soggetti controindicati per procurare voti alle proprie liste». A uno dei due, Manna avrebbe promesso in cambio «l’assunzione “di almeno un appartenente a ciascuna famiglia che l’avrebbe votato” presso cooperative o società partecipate dell’ente locale». All’altro, invece, avrebbe promesso «di intervenire sull’Università della Calabria per contrastare un procedimento di recupero coattivo di locali di proprietà dell’Ateneo e utilizzati dallo stesso soggetto controindicato per fini commerciali».
Due circostanze rispetto alle quali il prefetto di Cosenza «sottolinea l’assoluta consapevolezza del sindaco di Rende di rivolgersi e di accordarsi illecitamente con soggetti considerati organicamente inseriti nel contesto criminale locale». Infine alcuni passaggi della relazione sono dedicati all’imprenditore Massimino Aceto, coinvolto nell’inchiesta “Malarintha”, «è risultato – si legge sempre nella relazione – avere numerosi rapporti con il comune di Rende e dirette cointeressenze con il sindaco, con il quale, peraltro, è socio in affari nella gestione di fatto di una società formalmente intestata a loro stretti congiunti, che insieme ad altre ditte anch’esse riconducibili al succitato imprenditore sono state illecitamente favorite nell’aggiudicazione di numerosi lavori comunali».
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Nella relazione largo spazio è dedicato anche alla vicenda relativa allo stadio comunale “Marco Lorenzon" e ai rapporti tra l'imprenditore Fabio Coscarella, ex presidente del “Rende Calcio” e il Comune la commissione d'accesso ha accertato che sin dal settembre 2014 l'impianto sportivo è stato dato in gestione per nove anni, con facoltà di rinnovo, ad una società sportiva in cambio dei soli oneri per gli interventi di adeguamento della struttura, senza quindi prevedere alcun canone da corrispondere periodicamente all'ente locale per l'utilizzo del bene pubblico, né un deposito cauzionale di garanzia.
E, ancora: un capitolo è riservato alla gestione del Parco acquatico e ai canoni di locazione mai versati; alla vendita di un immobile di ingente valore ceduto dal Municipio a un prezzo di molto inferiore rispetto a quello stimato ad una società locale riconducibile a una donna risultata sentimentalmente legata a uno degli imputati di "Reset ”; all'affidamento del Palasport con una procedura "viziata"- secondo i commissari - come avrebbe confermato un imprenditore escluso dalla gara sentito ufficialmente a verbale. E poi un’analisi approfondita è stata fatta sulla complessiva amministrazione del patrimonio comunale.
La relazione prefettizia ha evidenziato ulteriori criticità nella gestione del patrimonio immobiliare, oltreché l'assenza di direttive e di atti di indirizzo finalizzati all'efficiente utilizzo o alla messa a reddito del patrimonio comunale; viene riferito, infatti, che soltanto nel 2021 è stato approvato il piano di valorizzazione e alienazione di beni patrimoniali. L'inerzia dell'amministrazione comunale ha di fatto determinato una sorta di acquiescenza verso le occupazioni sine titulo e verso le numerose illiceità o morosità rilevate nella conduzione di immobili pubblici.