Perdite di esercizio per milioni di euro nelle aziende calabresi, promossa con riserva solo l'Ao di Cosenza. Svaniti i crediti della Fondazione Campanella, a Germaneto buco aumentato del 370% nel giro di un anno (ASCOLTA L'AUDIO)
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Tutto sbagliato, tutto da rifare. Per la Mater Domini di Catanzaro, l'Asp di Vibo Valentia e i rispettivi bilanci arrivano due sonore bocciature dall'ufficio di Guido Longo. Il commissario ad acta che ha preso il posto di Cotticelli ha deciso di non approvare i rendiconti relativi al 2018 e al 2019 dell'Azienda ospedaliero-universitaria e quello 2019 dell'Azienda sanitaria provinciale vibonese. Approvato, ma con prescrizioni, invece quello 2019 dell'Ao di Cosenza. In tutti i casi i conti si erano chiusi con risultati ben lontani da quelli previsti: perdite di esercizio per milioni di euro che vanno ad allargare il deficit della sanità pubblica calabrese, accompagnate da scritture contabili che a volte, a seconda dei documenti visionati dai revisori e dal commissario, riportano cifre diverse per le stesse voci.
Campanella... d'allarme
Longo stronca la contabilità del policlinico di Germaneto partendo dai ritardi nell'approvazione dei bilanci in entrambe le annate finite sotto la sua lente di ingrandimento. Quello 2018, addirittura, è stato riformulato a febbraio del 2020 con rettifiche che il nuovo collegio sindacale - si è insediato solo sette mesi fa - non ha ancora finito di analizzare. I revisori che si erano occupati della prima versione, però, non avevano dato parere favorevole al rendiconto, con una sostanziale «conferma delle osservazioni già rese in occasione dell'esame dei precedenti bilanci di esercizio». A pesare nel giudizio era il maxi credito che la Regione avrebbe dovuto saldare – secondo la Mater Domini, ma i giudici l'hanno pensata diversamente – per la defunta Fondazione Campanella, circa 63 milioni di euro che l'Azienda iscriveva in bilancio senza alcun timore di non riscuoterli fino all'ultimo centesimo. Per ritrovare un buco in cassa della stessa cifra qualche tempo dopo.
Il commissario ad acta passa poi al risultato d'esercizio del 2018. Pessimo. Se già l'anno prima le perdite ammontavano a 12,3 milioni, in dodici mesi si è arrivati a oltre 21,6, quasi sette in più di quelli stimati nel bilancio di previsione. Non solo: la Mater Domini non ha rispettato le norme sul contenimento della spesa, sforando i limiti annui fissati per consulenze e personale. In quest'ultimo caso, poi, c'è un altro problema: le cifre riportate nel bilancio sono diverse da quelle indicate in alcune tabelle ad esso allegate. In ultimo, il capitolo ammortamenti: per le immobilizzazioni materiali e immateriali, scrive Longo, «il valore riportato si discosta dal valore rideterminato dall’ufficio in fase di verifica». E non è nemmeno una novità, visto che «tranne per i “Fabbricati” si sono riscontrate delle incongruenze su tutte le categorie (Attrezzature Sanitarie, Mobili e arredi, Altri beni) riportate dai bilanci precedenti» e che, nonostante sollecitazioni, si attendono risposte sulla questione dall'Asp ormai dal 2015. Un mix che, unito all'assenza di coperture integrali per il disavanzo accumulato, ha portato il commissario alla decisione di non approvare il bilancio 2018.
Il carico dei 101
Il bis arriva col 2019, quando i problemi appena elencati si ripropongono tali e quali. Ed il risultato d'esercizio è un rosso da oltre 101 milioni di euro – il 370% in più dell'anno prima, «perdita spropositata» dirà la Corte dei Conti – in cui a far la parte del leone è la svalutazione del vecchio credito inesigibile legato alla Campanella. La relazione del collegio sindacale è un lunghissimo elenco di rilievi che si conclude con un nuovo parere non favorevole sul consuntivo e l'invocazione di «un intervento risolutivo nel breve termine». I revisori scrivono che non c'è nessun controllo interno di gestione, quando invece servirebbe un monitoraggio costante dei costi per beni e servizi non sanitari. Ritengono «necessaria una riconcilazione tra l'azienda e i suoi fornitori e clienti, improcrastinabile la risoluzione dei rapporti con l'Università Magna Graecia, improbabile l'inesistenza di ratei e risconti». Temono errori nella quantificazione dei fondi rischi e accantonamenti, ne segnalano altri nel passaggio al nuovo sistema contabile. A loro avviso, per risanare l'azienda servono soluzioni rapide, perché «la spesa per interessi è insostenibile». E bocciano una «gestione i cui fattori produttivi impiegati non sono indirizzati al migliore conseguimento della missione aziendale».
Longo, a sua volta, aggiunge dettagli sulla perdita da 101 milioni. Sessantadue e mezzo arrivano dalla bocciatura della Cassazione sull'esigibilità dei crediti legati alla fondazione Campanella; poi ci sono 14 milioni di interessi passivi; altri 9,1 per per interessi moratori su fatture scadute e attivate con decreti ingiuntivi; un altro milione e mezzo per spese legali; altri 3,1 per sopravvenienze passive. La gestione delle fatture è problematica, con somme che sono state pagate ma risultano vincolate e debiti già saldati eppure contabilizzati. Il commissario elenca una sfilza di rilievi sollevati dalla magistratura contabile qualche settimana fa sulla Mater Domini. Per citarne solo qualcuno: bilanci bocciati dai revisori ormai dal 2016; perdite non coperte per oltre 103 milioni; «aumenti dei costi per beni e servizi, dovuti anche ad errori di imputazione nonchè al mancato aggiornamento del libro inventari; spesa farmaceutica non in linea da tre anni con il dato regionale e nazionale; aumento del costo relativo ai dispositivi medici nel triennio 2016/2018; disfunzioni organizzative in merito alle procedure di gara per acquisti di beni e servizi; reiterato e illegittimo ricorso all'istituto della proroga contrattuale in violazione dei principi di derivazione comunitaria della trasparenza, della concorrenza e della parità di partecipazione; diffuse discordanze tra debiti e crediti rilevate con la circolarizzazione». Dulcis in fundo le tempistiche di pagamento. Nel 92% dei casi l'azienda salda il dovuto con ritardi abissali: la media è stata di 591 giorni nel 2016, 802 nel 2017, 852 nel 2018, per salire a 946 nel 2019, con relativi aggravi di interessi, eventuali spese legali ed evidenti problemi di liquidità. Numeri drammatici che hanno portato alla bocciatura.
Dall'attivo al passivo
Quanto a Vibo, il commissario ad acta non ha approvato il bilancio 2018 dell'Azienda sanitaria provinciale, confermando tutte le perplessità già espresse in precedenza dai revisori contabili che se ne erano occupati. Il rendiconto era stato già riformulato, more solito, dopo essere stato approvato in ritardo. E il collegio sindacale, ora impegnato nell'analisi della nuova versione, aveva segnalato in quella precedente «la mancanza di una contabilità separata e di una contabilità analitica per verificare un equilibrio economico» relativo alle prestazioni intramoenia, ipotizzando «dai pochi dati disponibili il mancato rispetto del principio di copertura». Numerose le critiche, inoltre, sull'utilizzo eccessivo di proroghe contrattuali in violazione delle norme e sull'esposizione debitoria, che presenta «scostamenti rilevanti tra i saldi dell'azienda e quelli comunicati dai fornitori». Non poche le colpe del personale, secondo il collegio sindacale, specie per i ritardi nelle dichiarazioni Iva, con sanzioni che, secondo i revisori, andrebbero fatte pagare non all'Asp, ma ai singoli responsabili dei procedimenti. Sono invece oltre 3,5 i milioni di euro giacenti e non versati in tesoreria. Assente nella relazione sulla gestione «la prescritta attestazione dei pagamenti relativi alle transazioni commerciali».
Se la previsione era di chiudere l'anno con una perdita di soli 4.000 euro (l'anno prima era finito con un attivo di 67mila), il risultato finale d'esercizio è stato un rosso di 9,2 milioni. Numerose le incongruenze rilevate tra i dati forniti dall'Asp sul valore degli accantonamenti per immobilizzazioni materiali e immateriali e quelli risultati dalle verifiche dell'ufficio del commissario. Così come risultano discrepanze tra le voci relative all'Irap inserite nel bilancio e quelle contenute nelle tabelle allegate a quest'ultimo. Nonostante i limiti di spesa relativi a personale e consulenze siano stati rispettati, le criticità emerse – unite all'assenza di una relazione dei revisori sul consuntivo riformulato – hanno fatto emergere chiaramente che gli obiettivi di equilibrio economico finanziario sono risultati irraggiungibili. Una ragione sufficiente a Longo per esprimere parere non favorevole sul bilancio dell'Asp.
Perdite milionarie, ma arriva l'ok
Se la cavano, invece, l'Ao di Cosenza e il suo consuntivo 2019, anch'esso in versione riformulata. Sparito il pareggio di bilancio della prima edizione, il risultato di esercizio riportato stavolta è una perdita che supera di poco i 3,7 milioni di euro. Crescono di otto milioni i costi di produzione rispetto all'anno precedente, ma all'Annunziata si rimane almeno dentro i limiti di spesa per consulenze e personale. In quest'ultimo caso, però, tornano le discrepanze tra i vari documenti che compongono il rendiconto, tanto che Longo scrive che «l'esposizione del raccordo delle voci genera confusione e perplessità sulla rappresentazione veritiera e corretta dell'effettivo costo sostenuto». Sostanzialmente ininfluente – si tratta di 1000 euro in totale – lo scostamento tra il valore degli accantonamenti riportato in bilancio dall'Azienda ospedaliera e quello emerso dalle verifiche successive. Adesso all'Annunziata dovranno rimediare alle problematiche segnalate e, soprattutto, fornire chiarimenti adeguati sui costi dei dipendenti, in particolare sul «valore del “Restante Personale” esposto nel conto economico del bilancio tra i servizi non sanitari». Ma, alla fine dei conti, possono tirare un sospiro di sollievo. Seppur con prescrizioni, il commissario ad acta ha deciso di approvare il bilancio. Visto come vanno le cose nella sanità calabrese, non è poco.
giuliani@lactv.it