La paura e il lieto nella storia del dipendente comunale sangiovannese, scomparso venerdì e rientrato nel pomeriggio di ieri in un post sui social della nipote Emanuela: «È possibile che una vita valga così poco?»
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Un panorama di San Giovanni in Fiore, nel riquadro Luciano Marra
Ventiquattrore di ansie e paure, ventiquattrore vissute in attesa di una segnalazione o di una chiamata. La famiglia di Luciano Marra, dipendente comunale, che nella mattinata di venerdì scorso si è allontanato da San Giovanni in Fiore, ha vissuto momenti difficili, momenti che la nipote Emanuela Iaquinta ha voluto raccontare attraverso un post su Facebook.
«Trent’anni di dolore, di solitudine, di totale abbandono»
«La vicenda di ieri che ha visto come protagonista nostro zio è giunta a lieto fine, ma deve essere motivo – scrive Emanuela Iaquinta - di profonda riflessione. Sono circa trent’anni che nostro zio sta male e nessuno fa niente, a parte noi familiari. Sono trenta anni di dolore, di solitudine, di totale abbandono. Nessuna istituzione si interessa fino in fondo, nessuno si assume la responsabilità e tutto viene lasciato in mano alla famiglia».
«È possibile che una vita valga così poco?»
Emanuela non si limita al racconto delle difficoltà della propria famiglia, ma pone anche domande ben precise. «È possibile che una vita valga così poco? Dobbiamo aspettare che succeda qualche tragedia per prendere dei provvedimenti seri? È troppo semplice accorgerci delle persone solo quando non ci sono più. Dove sono le istituzioni? Dove sono quelli che dovrebbero garantire aiuto e dignità? Quando inizierete ad assumervi le vostre responsabilità? Quando smetterete di volgere lo sguardo altrove?»
«Questa storia non è solo la storia di mio zio, ma di tutti quelli – continua la nipote di Luciano – che vengono ignorati e abbandonati a se stessi,vittime della malattia e dell’indifferenza totale. Questa indifferenza pesa su tutti noi e uccide più della malattia stessa. È una vergogna ed è un fallimento per la nostra società. Non aspettiamo che succeda il peggio, il dopo è sempre tardi».
«Ci auguriamo che questa vicenda possa smuovere le coscienze»
«La salute mentale ha la stessa importanza della salute fisica e, come tale, dovrebbe essere tutelata, dando dignità ai pazienti e sostegno alle famiglie che sono l’unico ammortizzatore sociale. Ci auguriamo che questa vicenda possa smuovere – conclude - le coscienze di chi di dovere, ricordando che è sempre meglio prevenire che curare».