Dispersa una parte cospicua degli atti: la Dda apre un’indagine. Mentre le parti offese chiedono la citazione della Curia di Mileto-Nicotera-Tropea come responsabile civile
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Doppio colpo di scena alla prima udienza del processo che vede imputati, per tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose, due sacerdoti della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea: Graziano Maccarone, 43 anni, già segretario particolare del vescovo di Mileto (difeso dall’avvocato Fortunata Iannello); e per Nicola De Luca, 42 anni, di Rombiolo (difeso dall’avvocato Giovanni Vecchio), già reggente della chiesa “Madonna del Rosario” di Tropea ed anche rettore del Santuario di Santa Maria dell’Isola. Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia ha infatti preso atto della dispersione di diversi atti del procedimento penale istruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che pertanto ha reso noto di aver avviato un’indagine a carico di ignoti per accertare eventuali responsabilità.
Altro colpo di scena è quello riservato dalle parti civili, tutte ammesse alla costituzione (l’imprenditore di Tropea Roberto Mazzocca e le sue due figlie), rappresentate dagli avvocati Michele Gigliotti e Daniela Scarfone, i quali ha chiesto al Tribunale l’emissione di un decreto di citazione, quale responsabile civile, della Curia vescovile in quanto «i reati contestati agli odierni imputati sono stati generati dalle condotte delittuose dagli stessi tenute nell’ambito dell’attività lavorativa svolta alle dipendenze della predetta diocesi essendo – rileva il legale di parte civile – don Graziano Maccarrone sacerdote con funzione di segretario particolare del vescovo monsignor Luigi Renzo e Don Nicola De Luca, reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea». I giudici, al momento, non hanno ancora sciolto la riserva su questa istanza.
I due imputati sono entrambi stati rinviati a giudizio con l’accusa di aver costretto con violenza o minaccia Roberto Mazzocca a restituire una somma di denaro ammontante ad 8.950 euro, ricevuta in prestito dai prelati per estinguere un debito originariamente contratto dall’imprenditore tropeano e da una sua figlia con una terza persona. In particolare don Maccarone, nelle sue richieste di saldo del debito, avrebbe anche evocato il coinvolgimento in questa vicenda di suoi cugini di Nicotera Marina ritenuti dagli inquirenti vicini al clan Mancuso. I due imputati hanno sempre protestato la loro innocenza rispetto alle accuse contestate.