La strada dove affaccia la scuola elementare di Rizziconi porterà il nome di Francesco Inzitari, il ragazzo ucciso dalla mafia che quell’istituto lo ha frequentato da piccolo.

 

La cerimonia di intitolazione, voluta dall’amministrazione comunale, si è svolta in un clima di commozione alla presenza intanto dei familiari del 18enne trucidato nel 2009 – in primis i genitori Pasquale e Maria Princi, due noti imprenditori nel settore della grande distribuzione – ma poi anche dei vertici delle forze dell’ordine, della prefettura reggina e della chiesa locale.

 

Assieme a tanti rizziconesi, anche l’ex sindaco Nino Bartuccio e l’imprenditore Nino De masi – due concittadini che per il loro atto di coraggio vivono tuttora sotto scorta -, rappresentanti del mondo scolastico e dell’associazionismo locale, riuniti per la scopertura di una lapide posta al muro dell’edificio scolastico.

 

«Volevamo intitolare la scuola a Francesco – ha raccontato il referente di Libera, don Pino Demasi – ma ce l’hanno impedito, e pur così ugualmente chiunque passerà da questa strada non può che invocare la speranza di riscatto che nel nome di Francesco vogliamo interpretare».

 

Proprio di dolore che si fonde alla speranza, ha parlato Nicoletta Inzitari, che dirige la fondazione intitolata al fratello, che annualmente organizza delle iniziative nelle scuole.

 

«Lo sdegno – ha detto - si accompagna alla voglia di indicare ai giovani la strada giusta». Nel nome di Francesco Inzitari, hanno parlato il vescovo Francesco Milito, il dirigente scolastico Giuseppe Martino, il vice ispettore Michele Galluccio, il comandante del Gruppo carabinieri di Gioia Tauro, Gianluca Migliozzi, e l’omologo della Finanza Gianluca Barbieri.

 

«Vogliamo dire a quanti non rispettano la legge – ha detto il sindaco Alessandro Giovinazzo – che questo è solo l’inizio, perché la nostra determinazione è forte contro chi pensa di vivere con atteggiamenti mafiosi o pseudo mafiosi». 

 

È ancora impunito l’omicidio di Francesco, nipote di Nino Princi – l’imprenditore morto qualche mese prima con un’autobomba – per la ferocia di un clan, quello dei Crea - che qui spadroneggiano e che, però, lo Stato ha decimato e ora sfida con le parole pronunciate dal prefetto vicario Maria Stefania Caracciolo che ha lanciato un appello: «Chi sa parli, mentre chi è stato sappia che vive all’angolo e che fa ancora in tempo a pentirsi».