L’appuntamento è per il 7 giugno. Prima di allora Giuseppe Romeo, dirigente scolastico di Rizziconi, alle domande non risponde. «Ora parto per un viaggio di lavoro all’estero – dice dialogando con il cronista ma non sapendo di essere registrato nel suo ufficio – prima devo leggere le carte e al mio rientro le darò tutte le informazioni ufficiali sul caso». Il caso è quello sollevato dal sindaco Alessandro Giovinazzo, durante la cerimonia per l’intitolazione del parco urbano al giudice Livatino. Il primo cittadino, rivoltosi alla platea composta anche dal prefetto, da magistrati antimafia e dai vertici territoriali delle forze dell’ordine, aveva spiegato perché il Comune – 3 anni prima – non aveva potuto intitolare a Francesco Inzitari la scuola che aveva frequentato da bambino.

L’amministratore aveva chiamato in causa «una stupida burocrazia», aveva aggiunto che si era trattato di «una cattiva volontà» e, senza fare nomi, aveva aggiunto che «da chi si occupa di formazione bisognerebbe avere segnali di buona formazione». Aveva detto tutto questo con toni veementi, socializzando con l’uditorio quella delusione mista a rabbia che, per omaggiare comunque la memoria della giovane vittima di ndrangheta, lo aveva portato comunque a intitolargli la strada dove ha sede la scuola che aveva detto di no.

C’era abbastanza materiale, e interesse intorno a un caso che non era mai entrato nel dibattito pubblico con questa decisione, perché il cronista tentasse di chiedere la versione della scuola, che Romeo – che all’epoca era direttore di un’altra scuola, non di Rizziconi – si è riservato, appunto, di dare il mese prossimo, benché abbia risposto sul profilo generale della vicenda amministrativa assieme alla vicaria Teresa Collufio, che invece 3 anni prima c’era.

«È stato il consiglio di Istituto a dire no – spiega la vicaria – votando a maggioranza, dopo che invece il collegio dei docenti aveva detto si». Di più non si sa, quindi, se non che il Consiglio additato come responsabile della decisione è composto dai rappresentanti dei genitori, del personale Ata e dal dirigente che all’epoca era Giuseppe Martino. Per saperne di più, ovvero perché una votazione che sembrava semplice e non polemica, sia stata affrontata a scrutinio segreto e, soprattutto, come mai se un organo collegiale dice sì e l’altro dice no, in questo caso è prevalso il no.