Il primo grado si era concluso con un nulla di fatto. L’avvocato fu ucciso in un agguato a Maida il primo marzo 2002
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Continua nella Corte di Appello di Catanzaro il processo sull’omicidio dell’avvocato Torquato Ciriaco ucciso in un agguato il primo marzo del 2002. Oggi, in particolare, la difesa ha chiesto che possa essere eseguito un sopralluogo sui luoghi indicati dalla testimone Angela Donato per poterne saggiare la veridicità delle dichiarazioni.
Per quel che concerne l’ipotizzato movente, sempre la difesa, ha chiesto di sentire Lorusso, mentre il Procuratore Generale ha presentato le missive che il collaboratore di giustizia Michienzi avrebbe indirizzato a Corte e Procura e ha chiesto che venissero acquisitele riprese video dei sopralluoghi che questi fece nel 2006 con la polizia giudiziaria. La prossima udienza sarà il ottobre.
Nel 2017, al termine del processo celebrato con rito abbreviato vennero assolti: Tommaso Anello, indicato come uno dei capi dell’omonimo clan di Filadelfia, i fratelli di Acconia di Curinga (Cz) Giuseppe e Vincenzino Fruci, ed il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi, anch'egli di Acconia di Curinga. Il pm della Dda di Catazaro, Elio Romano, al termine della requisitoria aveva chiesto l’ergastolo per Tommaso Anello ed i fratelli Fruci, mentre 10 anni di reclusione erano stati chiesti per Francesco Michienzi. Secondo le indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - crollate all’esito del processo di primo grado- Torquato Ciriaco era stato condannato a morte dal cartello 'ndranghetista degli Anello-Fruci. In particolare, Tommaso Anello, fratello del boss Rocco Anello, avrebbe ordinato l'omicidio del professionista il quale avrebbe curato l'acquisto di una cava che la malavita voleva invece finisse ad un imprenditore già soggiogato.
A svelare per primo i retroscena dell'agguato era stato il pentito Francesco Michienzi, in un interrogatorio reso il 17 gennaio del 2007 al pm Gerardo Dominijanni. Spiegò ogni singola fase, dalla pianificazione all'esecuzione del delitto.
Le indagini trovarono nuovo impulso grazie agli approfondimenti investigativi della Squadra mobile di Catanzaro all’epoca diretta da Rodolo Ruperti. Ottenuti i riscontri necessari, la Procura antimafiadi Catanzaro, con il pm Elio Romano, ha poi concluso le indagini chiedendo e ottenendo il rinvio a giudizio del presunto mandante, Tommaso Anello, e dei fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci, che avrebbero fatto parte del commando. Rinviati a processo dal gup Giuseppe Commodaro, gli imputati hanno poi optato per il giudizio abbreviato.
L’accusa non resse al vaglio del giudice terzo. Tommaso Anello era difeso dagli avvocati Sergio Rotundo ed Anselmo Torchia; Giuseppe Fruci dagli avvocati Sergio Rotundo e Alice Massara, Vincenzino Fruci dagli avvocati Pilieci e Spinelli.