Nel corso del controesame nel maxiprocesso, il collaboratore di giustizia ha spiegato le ragioni che l’hanno portato a collaborare con la giustizia: «Ho sbagliato tutto nella vita, ma la lettura mi ha aiutato a non essere più una persona primitiva e ignorante»
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«Gli uomini cambiano ed io ora sono una persona diversa. Ho una nuova vita e voglio vivere da persona perbene perché me lo garantisce una legge della Repubblica italiana. Sono stato un idiota, marinavo la scuola per andare ad inseguire il falso mito dei Lo Bianco, mi sono cresciuto con loro e per questo poi alla fine non me la sono sentita di ucciderli anche se ero diventato una scheggia impazzita all’interno del clan Lo Bianco, perché a Vibo Valentia alla fine i killer veri che sapevano sparare erano solo tre o quattro ed io ero fra questi. Per tale motivo non temevo nessuno».
Andrea Mantella nel corso del primo controesame a opera delle difese degli imputati (in questo caso l’avvocato Diego Brancia) ha cercato di spiegare al Tribunale collegiale di Vibo Valentia ed ai difensori le ragioni alla base della sua decisione di collaborare con la giustizia.
«Cosa vuole che le dica, avvocato? Che mi sono pentito perché ho visto la Madonna? So solo che ora sono una persona davvero pentita e chiedo perdono a tutte le persone a cui ho fatto del male. Spero solo che le mie dichiarazioni possano contribuire a rendere giustizia alle tante vittime della ‘ndrangheta. In carcere ho capito di aver sbagliato tutto e di essermi rovinato la vita. Ho letto tanti libri in carcere e ad un certo punto mi sono reso conto di non condividere più le logiche ‘ndrangheste. Io mi definisco moralmente pentito perché mi sono reso conto di aver sbagliato nella mia vita e ho deciso di liberarmi da tutti i fardelli collaborando con la giustizia sebbene sarei stato libero dopo qualche settimana. Mi è sempre piaciuto leggere, e grazie alla lettura oggi non sono più una persona ignorante, becera e primitiva. È stato un bene per tutti che io mi sia pentito. Fossi uscito dal carcere, da ‘ndranghetista avrei commesso altri omicidi e avrei sicuramente vendicato Francesco Scrugli che è stato ucciso nel 2012. Io mi sono pentito nel 2016 – ha aggiunto Mantella – e quindi la perdita di Scrugli nulla ha a che fare con l’avvio della mia collaborazione che avviene quattro anni dopo, nel 2016».
Dalla gambizzazione nel 1991 a Vibo Valentia del figlio dell’imprenditore Mazzoleni, titolare all’epoca della rivendita Olivetti, poiché si sarebbe rifiutato di pagare l’estorsione (secondo il collaboratore poi pagata con 40 milioni di lire dopo la sparatoria contro il figlio nel quartiere Sant’Aloe di Vibo) sino all’omicidio del cugino Filippo Gangitano (in foto) perché gay, Andrea Mantella ha iniziato a ripercorrere – rispondendo alle domande dell’avvocato Diego Brancia – i tanti episodi già narrati nel corso dell’esame condotto in più udienze dai pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso.
«Al momento non sono stato condannato per la gambizzazione di Mazzoleni – ha spiegato Mantella – dove a sparare materialmente sono stati Francesco Scrugli e Renato Furlano che si trovavano a bordo di una moto rubata ed erano partiti dal rione Carmine di Vibo per raggiungere la zona della Sant’Aloe e sparare. Io facevo invece da vedetta ed ho segnalato la presenza della vittima. In precedenza a Mazzoleni avevamo sparato le serrande dell’attività commerciale su mandato dei Lo Bianco e con me c’era in tali attentati anche Fortunato Ceraso»- Mantella si è quindi accusato per essere stato l’autore materiale degli omicidi di Francesco Callipo e Rosario Tavella, «commessi insieme a mio cugino Filippo Gangitano perché si erano tenuti i soldi di una rapina», e poi dell’omicidio di Filippo Neri, ucciso nella zona di Vena con «Gangitano che guidava la moto».
Mantella ha inoltre ribadito di aver partecipato egli stesso all’omicidio del cugino Filippo Gangitano (il cui cadavere non è mai stato trovato) ma di non aver materialmente premuto il grilletto che è stato invece premuto da Scrugli”, così come di aver preso parte, «ma non sparato direttamente», all’omicidio di Mario Franzoni. Tali due ultimi fatti di sangue sono avvenuti nel 2002, quello di Gangitano a Vibo Valentia nella masseria di Andrea Mantella sita lungo la discesa che porta a Stefanaconi, l’altro a Portosalvo.
«Sono stati i Lo Bianco-Barba ad ordinarmi questi omicidi – ha dichiarato Mantella -, ma poi loro erano sottomessi ai Mancuso e mi dicevano di stare calmo per questa situazione. Andreuccio, stai calmo…, mi ripetevano…, ma io gli abusi dei Mancuso non li ho mai sopportati e per questo avevo creato un mio gruppo».
Sino alla decisione di voltare pagina, rompere con la ‘ndrangheta e collaborare con la giustizia. «Perchè sono davvero moralmente pentito per tutto il male che ho fatto». Parola di Andrea Mantella.