Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in accoglimento dell’appello proposto dall’avvocato Francesco Sabatino, ha disposto gli arresti domiciliari per Danilo Tripodi, 39 anni, di Vibo Valentia, assistente giudiziario del Tribunale di Vibo Valentia. Tripodi era stato arrestato nell’ambito dell’operazione Rinascita Scott dello scorso 19 dicembre con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa oltre ad alcune condotte di corruzione in atti giudiziari, falsità materiale in atti pubblici e abuso d’ufficio.

Il Tribunale della Libertà già in sede di riesame aveva ridimensionato la posizione di Tripodi escludendo l’accusa più grave di concorso esterno mantenendo la misura in carcere. In seguito il gip aveva dichiarato l’inammissibilità dell’istanza proposta ritenendola priva di elementi nuovi e significativi; decisione, quest’ultima, impugnata dall’avvocato Francesco Sabatino e accolta ora dai giudici del Riesame che hanno disposto gli arresti domiciliari ritenendo attenuate le esigenze cautelari per Tripodi.

Secondo l’accusa, Danilo Tripodi – sfruttando il suo ruolo istituzionale in qualità di operatore giudiziario in servizio nella segreteria del Tribunale di Vibo Valentia – avrebbe fornito uno stabile contributo alla vita dei clan di Vibo, Limbadi, Sant’Onofrio e Zungri, “ponendosi quale punto di riferimento per gli associati, dei loro più stretti congiunti, dei concorrenti esterni ai quali risultava in alcuni casi anche legato da cointeressenza imprenditoriali e affaristiche, per le pratiche ed i contenziosi pendenti nell’ufficio giudiziario vibonese. Danilo Tripodi avrebbe così fornito informazioni sui processi, consentendo la fuoriuscita dei fascicoli processuali e manipolando le nomine dei C.T.U., arrivando – secondo ad avviso della Dda – a modificare le date di ricezione degli atti in Tribunale, condizionando così l’esito dei processi e fornendo assistenza legale ed economica ad alcuni sodali detenuti.

 

In particolare, il reato di concorso in atti giudiziari gli viene contestato in concorso con l’indagato Antonio Di Virgilio, 59 anni, di Catanzaro, Ctu nominato dal giudice in un procedimento civile afferente una richiesta di risarcimento danni da parte dell’avvocato Francesco Stilo (arrestato) ad una società assicurativa con l’incarico di accertare la condizione di invalidità dell’attore Francesco Stilo dopo un incidente stradale e la connessione tra quest’ultima e la mancata diagnosi di “sospetta dissezione aortica” da parte dell’ospedale di Tropea.

 

Danilo Tripodi, quale assistente giudiziario del Tribunale di Vibo Valentia, nonché segretario dell’ex presidente del Tribunale e uomo di fiducia di quest’ultimo, è quindi accusato di aver stretto un patto corruttivo con l’avvocato Stilo per giungere celermente ad un esito della controversia positivo per il legale. Il tutto a fronte di una serie di vantaggi patrimoniali per il C.t.u. nei rapporti di lavoro con il Tribunale (aumento dell’onorario, possibilità di nuovi incarichi).

 

Antonio Di Virgilio, in qualità di C.T.U. nominato dal giudice, sarebbe venuto incontro alle richieste di Danilo Tripodi, modificando l’originaria consulenza già redatta e trasmessa all’allora presidente del Tribunale a mezzo di posta elettronica certificata, riportando le modifiche alle conclusioni finali per come richiestogli da Tripodi, ottenendo in cambio un più lauto onorario e successivi ulteriori incarichi da C.t.u. Tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo la ricostruzione accusatoria, fra il maggio e l’agosto 2018.

 

L’accusa di abuso d’ufficio nei confronti Danilo Tripodi si riferisce invece ad un episodio che sarebbe avvenuto il 17 settembre 2018 e lo vede rispondere insieme all’ingegnere Francesco Basile, 63 anni, di Vibo Valentia, indagato a piede libero. Danilo Tripodi – secondo l’accusa – avrebbe consegnato ad una persona non identificata, designata dall’ingegnere Francesco Basile (ritenuto dai magistrati l’istigatore e il beneficiario della condotta delittuosa), un fascicolo processuale richiestogli informalmente al telefono da quest’ultimo. Il fascicolo sarebbe stato portato fuori dal palazzo di giustizia “in violazione delle procedure previste dai regolamenti interni ed omettendo di ricevere formale richiesta da persona titolata a presentarla e di far versare i dovuti pagamenti per i diritti di cancelleria, così procurando a Basile (intenzionalmente, secondo l’accusa) un ingiusto vantaggio patrimoniale in danno della pubblica amministrazione”.