Il comandante dei vigili di Vibo intollerante alla stampa impicciona e poi arrestato per mazzette

L'inchiesta Rinascita Scott ha portato ai domiciliari Filippo Nesci che in passato deteneva anche la delega all'Urbanistica. Secondo le accuse della Dda chiedeva soldi e regalie per rilasciare permessi. Ma non aveva mai tempo per rispondere ai cittadini e alle nostre domande

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di Agostino Pantano
25 dicembre 2019
11:02
Filippo Nesci
Filippo Nesci

Il turista milanese, frenando a stento la rabbia per la sua vacanza rovinata, aveva scritto più volte agli uffici del Comune di Vibo Valentia. Segnalava, senza risposte, che l'unica strada per l'accesso alla sua casa al mare era ancora invasa dai rifiuti. Che a nulla erano valsi la denuncia ai carabinieri, il sopralluogo che questi avevano fatto con i vigili urbani: nessuno del Municipio era intervenuto, nessuno aveva rimosso i cumuli di macerie distribuiti sul ciglio, e più lui scriveva e più l'indifferenza dell'ente gli sembrava anche un affronto al suo senso civico.

Il caso della littorina invasa dai rifiuti

Neanche il servizio che avevamo fatto per il tg era riuscito a smuovere la burocrazia, insensibile all'inquinamento, ai propri doveri d'ufficio e, in più, al doppio schiaffo di un'area di pregio deturpata – la pista trekking della "littorina", la chiamano – che da più mesi rimaneva teatro delle scorribande degli inquinatori.


Anzi, l'inchiesta che avevamo fatto – tentando di chiedere al comandante dei vigili Filippo Nesci le ragioni di quel mancato intervento – aveva sortito l'effetto opposto: come per un sinistro messaggio, una minaccia a farci i fatti nostri, eravamo tornati sulla balconata verde e l'avevamo trovata invasa da altri rifiuti, questa volta posti al centro della strada sterrata, per impedire il passaggio o avvisare chi vi transitava che su quella trazzera di campagna non dovevano allungarsi sguardi indesiderati.

 

Per raccontare meglio questa storia di pubblica amministrazione nemica delle responsabilità, più volte bussammo  alla porta del Comando vigili, cercando spiegazioni tramite un metodo giornalistico che a Vibo Valentia – misteriosamente – ha suscitato sorpresa e scompiglio: purtroppo, diverse figure pubbliche hanno dimostrato di non essere abituate al cronista che accende una telecamera, la tiene bassa per non violare inutilmente la privacy, la mette però in vista per rivendicare il diritto di chiedere conto entrando nel Palazzo.

Mazzette e regalie in cambio di permessi

Ora che il comandante Nesci non è più al suo posto, non lo è per la nostra telecamera a cui sfuggiva – ma sopratutto perché colpito da una delle centinaia di misure restrittive disposte dal procuratore Nicola Gratteri nell'operazione “Rinascita-Scott” (i nomi degli indagati)- si scopre che i fatti corruttivi che hanno portato al suo arresto scaturirebbero dal ruolo improprio che si era ritagliato nella dirigenza comunale vibonese.

Non poteva rispondere al turista che chiedeva provvedimenti contro chi gli inquinava la vacanza; non poteva rispondere a noi che lo abbiamo cercato senza successo in quel caso e in altri,  perché “sommerso dal lavoro”, impegnato anche a gestire le troppe deleghe operative che da anni – di amministrazione in amministrazione – curava: quella all'Urbanistica, secondo le accuse della Dda, lo avrebbe visto destinatario di mazzette e regalie, in cambio di permessi.

E anche quando, dopo averlo “braccato” in una cerimonia pubblica, eravamo riusciti a intervistarlo – chiedendogli conto dei sospetti della magistratura, che avevano portato il sindaco a togliergli il controllo su svariati Settori – lui aveva minimizzato, definendo “non importanti le deleghe” tagliate. Raro esempio di una burocrazia prima indifferente verso i diritti dei cittadini,  poi pronta a gridare contro la stampa – per altri motivi Nesci ci aveva pure querelato, senza successo - e, infine, illusa di una impunità che intramontabile non era.

La necessità di trasparenza

Il processo, se ci sarà, farà il suo corso, lo si dice sempre in questi casi, ed è corretto affermarlo anche dopo le gravi accuse che colpiscono l'ex pluridirigente vibonese, oggi ai domiciliari e sospeso; ma i vibonesi prima che per una colpa penalmente rilevante, pretendono giustizia – in questo caso dalla politica che governa Palazzo Luigi Razza - per una irresponsabilità civica di chi negli uffici, in questo come in altri casi, non ha risposto e non ha fatto come gli chiedeva un cittadino. Lo spazio che il giornalismo prima e la magistratura dopo hanno liberato, percorrendo una pista di trekking che  si voleva tenere in ombra e tagliando il vertice di un Settore reso opaco, ora tocca agli amministratori occuparlo imponendo una nuova e reale trasparenza nella relazione con i cittadini e con gli organi di stampa.                                  

Giornalista
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