«I super boss della mafia siciliana erano di casa in Calabria. Provenzano era sorvegliato a Gioiosa Ionica ed era commensale abituale con ‘Ntoni Macrì, un capomafia che discuteva alla pari con Cosa Nostra americana. Quando è morto sono partiti cinque voli charter, al suo funerale a Siderno c’erano 40.000 persone».


Lo ha dichiarato il magistrato Nicola Gratteri, nel corso della presentazione del suo ultimo libro “Padrini e Padroni”, che si è tenuta presso la Procura di Enna alla presenza del Procuratore Capo di Enna Massimo Palmeri e del massmediologo Klaus Davi.

 


«La ‘ndrangheta era già potente allora; è stato il legislatore, sono stati i politici, i magistrati, le forze dell’ordine a non capirlo. Siccome non uccideva e non toccava le istituzioni era una mafia agropastorale. Ricordo negli anni ’70 Ntoni Macrì, il capomafia che aveva in mano tre quarti dell’università di Messina. – racconta il magistrato a una platea di oltre 500 giovani studenti - La gente di Locri, Gioiosa, Seminara, Siderno, Gioia Tauro, Rosarno, Reggio si laureava con corruttele, regalie, con minacce. Ricordo un professore universitario chiuso nel bidone della spazzatura e la mattina dopo lo hanno salvato i netturbini prima che accendessero la macchina. La Casa dello Studente era in mano alla ‘ndrangheta: era una bazaar, si vendeva di tutto droga, armi, kalashnikov, esplosivo qualsiasi cosa. Messina in quegli anni, era un pezzo della provincia di Reggio Calabria. Era gestita nel senso mafioso del termine dalla ‘ndrangheta. Anche per questo il magistrato decise di continuare gli studi a Catania: Già tutti i miei compagni di scuola erano figli di capimafia, di ‘ndranghetisti. Riina è venuto anche vestito da prete ad Africo, a incontrare Don Stilo, un sacerdote importante, potente che viaggiava armato. E quando gli si chiese il perché viaggiasse armato rispondeva “Perché vado nelle campagne, a dare i sacramenti e non so chi incontro».