Il segretario provinciale Federazione Italiana Pediatri Gianfranco Manfrida esprime preoccupazione: «I bambini potrebbero essere vettori di possibili contagi in famiglia e sappiamo che il tracciamento non avviene in tempi rapidi»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«L’emergenza epidemiologica che ha investito come un’onda anomala tutti i settori sociali, è prolifica di processi mediatici che sfociano spesso in pareri discordanti o addirittura opposti, creando confusione e panico nella popolazione e che aggrava ulteriormente una già precaria condizione sanitaria. Ogni settore sociale ha le sue valide ragioni per confrontarsi e portare in giudizio quelle che sono le criticità ed il necessario per risolverle. Difficile, ad esempio, dare torto all’impresa del turismo invernale che in alcune regioni è la fonte principale di reddito, ma è altrettanto difficile coniugare queste legittime necessità con la prevalente condizione della tutela della salute costituzionalmente garantita». Si apre così la nota di Gianfranco Manfrida, segretario provinciale Federazione Italiana Pediatri, che si fa portavoce delle preoccupazione dei suoi colleghi soprattutto in relazione alla riapertura delle scuole.
A tal proposito, spiega: «Un primo tentativo fatto all’avvio dell’anno scolastico ha evidenziato appieno la problematica sanitaria determinando chiusure a singhiozzo ed a macchia di leopardo, causando ulteriore confusione su chi doveva decidere che cosa. Si è evidenziato come le realtà locali differiscano tra loro in maniera significativa. Differenze nell’edilizia scolastica, nei trasporti e anche, non ultima, sanitaria. È il motivo che ha spinto i Pediatri di famiglia della nostra provincia a fare alcune riflessioni. Premesso che il settore scolastico riveste fondamentale importanza nel nostro tessuto sociale ed economico in tutti i suoi aspetti, non si può evitare di evidenziare le criticità sanitarie che frequentemente contrastano con la prioritaria tutela della salute, che nei bambini viene affidata ai Pediatri. Dai dati emersi, e dalle citate precedenti esperienze, è risultato che la scuola non è contagiante, ma esposta alla non remota probabilità che i bambini possano essere vettori di possibili contagi familiari, la cui tracciabilità spesso non avviene in tempi rapidi. In un ambiente, quello scolastico, dove appare estremamente difficile mantenere distanziamento ed altre norme cautelative, nel settore dei trasporti, dove sono evidenti le medesime criticità, la corretta applicabilità della tutela sanitaria è estremamente difficile. Altro aspetto, non secondario, è la stagionalità delle epidemie influenzali, che si sommano alla attuale epidemia».
«La scuola, soprattutto quella dell’infanzia - continua -, è notoriamente fonte di contagio per i bambini in un’età in cui la condizione immunologica predispone alle infezioni ricorrenti. Nei mesi invernali, i pediatri ben conoscono la diffusione di infezioni respiratorie influenzali. Nella condizione attuale, per differenziare una comune infezione dai sintomi da covid sarà indispensabile eseguire i test diagnostici, con aggravio di una già critica condizione legata alla pandemia. Il ritardo nell’esecuzione e soprattutto negli esiti del procedimento diagnostico aumentano ulteriormente in rischio che soggetti portatori sani di infezione da covid possano contagiare un elevato numero di bambini e personale scolastico. Infine, i Dpcm ancora in vigore, limitano l’attività sanitaria sia territoriale che ospedaliera in pazienti sintomatici in attesa del riscontro dei tamponi obbligatoriamente richiesti dai medici».
«Le considerazioni esposte e condivise dai pediatri di famiglia della provincia di Vibo Valentia - conclude Manfrida - sono conseguenti alla valutazione della obiettiva realtà esistente in questo periodo, che sicuramente si contrappongono a necessità di diversa e condivisibile argomentazione, ma da medici che responsabilmente siamo chiamati a tutelare la salute come bene prioritario ed imprescindibile, non possiamo che esprimere perplessità alla riapertura delle scuole in un periodo estremamente difficile».