Nell'inchiesta New generation la Dda di Reggio Calabria ricostruisce le presunte estorsioni che sarebbero state fatte dalle nuove leve della cosca agli imprenditori locali
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Richieste di soldi, danneggiamenti, minacce. Questo è quanto emerge dalle carte dell'inchiesta New generation coordinata dalla procura antimafia di Reggio Calabria nei giorni scorsi. Un'indagine condotta contro le presunte nuove leve del clan Cordì di Locri. A fare luce su un vasto giro di estorsioni sono alcuni imprenditori che hanno deciso di denunciare le richieste estorsive.
Nel mirino della Dda alcuni lavori pubblici nei cui cantieri sono stati registrati danneggiamenti. Uomini «vessati da continue minacce e pressioni da parte dei soggetti organici alla cosca – sostiene il Gip – che culminavano nella richiesta del pagamento pari al 3% del valore dell’opera pubblica che la vittima aveva in corso di realizzazione».
Alcune richieste di incontro che gli imprenditori percepivano come minacciose, erano precedute da analoghe più velate fatte per tramite di altri conoscenti degli stessi. Una delle vittime, per paura di ritorsioni, aveva inizialmente minimizzato quanto subito, limitandosi a parlare di ordinarie richieste di lavoro non aventi alcun rilievo penale, salvo poi a distanza di giorni, di rendere ampie dichiarazioni ai carabinieri, decidendo così di avviare un percorso collaborativo con l’autorità giudiziaria, ammettendo di essere stato reticente in passato per tutelare l’incolumità dei suoi familiari.
I più attivi secondo i magistrati erano gli indagati Gerardo Zucco e Domenico Cordì, mentre le richieste di assunzioni erano avanzate da Guido Brusaferri. «Gli elementi raccolti rassegnano un serio quadro di gravità indiziaria nei confronti di Gerardo Zucco e Domenico Aronne – si legge nell’ordinanza – È stata accertata una condotta di reato volta in modo chiaro e univoco a costringere gli imprenditori a versare a titolo di estorsione, una parte dei proventi degli appalti dei lavori dagli stessi assunti sul territorio di Locri in loro favore».
Costanti pressioni erano state esercitate anche nei confronti dei commercianti allo scopo di assumere nelle loro attività persone vicine al clan. «Si tratta – prosegue il Gip – della chiara espressione delle dinamiche estorsive della consorteria mafiosa e delle modalità con le quali la stessa riafferma il controllo sul territorio anche nella scelta di favorire persone vicine alla cosca nelle assunzioni lavorative. A conferma delle modalità intimidatrici con cui il clan Cordì riaffermava il suo controllo sul territorio in merito agli appalti ed ai lavori presi dagli imprenditori locali».