Ultima udienza del 2024 per il processo. Al centro dell’istruttoria dibattimentale le presunte attività illecite del gruppo D’Ambrosio che secondo la Dda di Catanzaro sarebbe stato diretto da Adolfo
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Una presunta estorsione consumata ai danni della società che gestisce la mensa dell'Unical e tanti altri episodi contenuti negli atti del processo Reset. L'udienza odierna del procedimento penale contro la 'ndrangheta cosentina è stata l'ultima del 2024. A fine seduta, il presidente Carmen Ciarcia ha formulato ai presenti i migliori auguri per le festività natalizie, estesi anche ai detenuti collegati in videoconferenza. Il tutto si è svolto presso l'aula bunker di Castrovillari, dove giovedì mattina ci sarà la lettura del dispositivo del presidente Fabiana Giacchetti, che presiede il rito abbreviato.
Processo Reset, l'estorsione all'Unical
Il direttore delle sedi calabresi della società che gestisce le mense scolastiche all'Unical e in altre parti della Calabria ha dichiarato di aver conosciuto «Aldo D'Ambrosio tramite un ex dipendente, Fabio Ciranno, e Massimo D'Ambrosio. All'epoca avevamo in gestione l’Università di Catanzaro e c'era bisogno di un lavapiatti. Questa richiesta venne da Ciranno, Adolfo e Massimo D’Ambrosio. Rispetto a questa vicenda non abbiamo mai subito minacce, ma Ciranno spiegò che queste persone avevano una certa caratura criminale, riferendosi ad Adolfo D'Ambrosio e Ivan Montualdista». Poi il pm Cubellotti ha inserito il tema del "pizzo". «Ci venne detto che dovevamo fare un "regalo", così racimolammo circa mille euro che vennero consegnate a uno dei soggetti».
Nel controesame dei difensori di Massimo D'Ambrosio, il teste ha detto che «Massimo D'Ambrosio non mi ha mai minacciato, né ricordo se fosse presente quando mi furono chiesti soldi». A seguire è stato sentito un altro dipendente della società che ha confermato sia l'aspetto relativo alle richieste di assunzione che delle somme di denaro elargite ai presunti criminali rendesi. «Alcune somme furono consegnate anche a Ivan Montualdista» e ha sottolineato di aver conosciuto Massimo D'Ambrosio «rappresentante della Cisl», mentre Fabiano Ciranno, nostro dipendente, mi chiese un "presente"». Infine, un altro dirigente del gruppo barese: Adolfo D'Ambrosio venne alla mensa per parlare con il direttore affinché aumentassimo le ore lavorative del figlio o lo trasferissimo vicino casa. Ero a conoscenza delle somme estorsive ma non ho voluto sapere niente di questa vicenda. Non ho avuto rapporti diretti con Massimo D'Ambrosio». Nel corso dell'esame è venuto fuori che «le richieste sindacali non furono mai evase».
Parla il sindacalista
Il pm Corrado Cubellotti ha sentito come teste anche un sindacalista. «Conosco Massimo Bertoldi: me lo hanno presentato Gianluca Campolongo, un collega sindacalista, e Massimo D'Ambrosio, rappresentante RSU della Cisl. Riguardo al finanziamento intestato a Massimo Bertoldi per l'acquisto di un'auto, agimmo in questo modo perché c'era un problema: la pratica di Gianluca Campolongo non passava. Consegnavo a Bertoldi i soldi che mi dava il mio collega. Non ho mai chiesto spiegazioni a Campolongo sul motivo di questa situazione». Nel corso del controesame, l'avvocato Amelia Ferrari ha fatto emergere un'altra circostanza. «Il finanziamento passò successivamente da Massimo Bertoldi a Piero Bertoldi, con un atto notarile. Massimo D'Ambrosio non ha mai avuto un atteggiamento violento in questa vicenda. Credo si trattasse di un finanziamento per pagare un'auto, una Ford Kuga».
Continua a leggere l’articolo su CosenzaChannel.it