La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, presieduto da Ornella Pastore, a seguito di una proposta avanzata dal direttore della Dia, nei confronti di Massimo Siciliano, imprenditore edile di 45 anni, in atto in regime di detenzione carceraria.

L’uomo è stato coinvolto nelle recenti operazioni di polizia “Saggezza” e “ Ceralacca 2”,  che hanno disvelato l’effettivo ruolo svolto dall’imprenditore nell’ambito della “ndrangheta” calabrese  ed in particolare del “locale” di Antonimina (Reggio Calabria), capeggiato dal suocero Nicola Romano (cl. ’48), il quale, nell’operazione “Saggezza”, era stato identificato dagli investigatori come “capo consigliere” della “Sacra Corona”, nuovastruttura collocata al di sopra dei “locali” di ‘ndrangheta,operanti nei territori di Antonimina, Ciminà, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, tutti comuni siti nella fascia jonica della provincia reggina.

 

Siciliano aveva assunto il ruolo di imprenditore di riferimento del capo cosca Nicola Romano, garantendo, attraverso le ditte nella sua disponibilità e strettamente collegate al sodalizio criminale, l’esecuzione di lavori nel settore dell’edilizia pubblica, turbando le regole della libera concorrenza e del libero mercato, stante il profilo del pesante condizionamento mafioso, ed estromettendo di conseguenza le aziende operanti lecitamente. Il procedimento penale scaturito a seguito dell’operazione Saggezza si è definito, al momento, con la condanna di Siciliano, in primo grado, alla pena di 12 anni e 2 mesi di reclusione con sentenza emessa  nel settembre 2015 dal Tribunale di Locri, mentre, per l’operazione Ceralacca 2, con la proposta di rinvio a giudizio da parte del Gup di Reggio Calabria (aprile 2015).

 

Le determinazioni dei giudici della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono scaturite da una articolata attività di indagine patrimoniale, condotta dal Centro Operativo Dia di Reggio Calabria, volta a verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario riconducibile all’imprenditore, il quale negli ultimi anni aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche nel Nord Italia ed all’estero, segnatamente in Romania dove opera una specifica unità locale.

 

Con il provvedimento adottato a carico del Siciliano è stata disposta la confisca dei beni riconducibili al medesimo, stimati in circa 7 milioni di euro, ricomprendenti l’intero patrimonio aziendale e l’intero capitale sociale della “I.C.O.P. Srl”, con sede principale in Antonimina (RC) ed una filiale operante in Romania e della “G.S.C. Srl Unipersonale”, con sede in Dosolo (MN), operanti entrambe nel settore costruzioni, manutenzione e riparazione strade, autostrade, ponti e viadotti oltre a disponibilità finanziarie aziendali e personali.