VIDEO | La struttura ospita dodici ragazzi e in una dimensione comunitaria riscatta esistenze difficili ricordando una giovane donna coraggiosa
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«È stato un sogno che si è realizzato. Con l’associazione Abakhi ci abbiamo creduto e concretizzarlo è stato davvero impegnativo. Si tratta di una struttura di oltre 400 metri quadri, considerando l’interno e l’esterno, ma soprattutto è un luogo in cui giovani con un vissuto molto difficile recuperano serenità, fiducia, speranza. È dunque un progetto che non si esaurisce e in cui crediamo moltissimo. Questo luogo offre a ragazze e ragazzi i con trascorsi difficili una possibilità di riscatto nel nome di Benedetta». Così la presidente della fondazione Benedetta è la vita Onlus, Carmela Cimino, ha commentato il percorso, puntellato di ostacoli burocratici e impegni economici ma soprattutto affrontato con tenacia e determinazione, che ha preceduto l’inaugurazione lo scorso luglio a Reggio Calabria della comunità educativa per minori in difficoltà, denominata appunto Casa di Benedetta.
È intitolata alla memoria di una giovane donna che oggi avrebbe quasi 25 anni se un male non l’avesse prematuramente portata via nel 2012, Benedetta Nieddu del Rio, la casa che dallo scorso ottobre, in piena pandemia, dà speranza e incarna il senso più profondo del nome che porta e della persona che ricorda, ossia la dolcezza di uno sguardo posato dall’alto e mai più distolto sulla vita di dodici ragazzi alla ricerca di nuove possibilità di vita. La fondazione Benedetta è la vita Onlus, animata da mamma Carmela e papà Costantino, è stata, unitamente a tante altre realtà del territorio, ed è la principale sostenitrice del progetto e compagna di viaggio di tutti coloro che abitano la Casa.
Dopo tre anni di lavori e burocrazia, la comunità educativa per minori in difficoltà è nata da una importante sinergia con il Cereso e rappresenta un punto di riferimento solido e, purtroppo, molto spesso l’unico riferimento per i dodici ragazzi che accoglie. Una vita di comunità arricchita dal contributo prezioso dei volontari dell’associazione Abakhi, che da “costruttori” hanno messo cuore e braccia per rendere questa struttura la casa che oggi è diventata.
«L’aspetto comunitario è una possibilità per questi ragazzi, è un’opportunità attraverso quale proviamo a dare qualcosa, a seminare. La metafora dell’orto è particolarmente calzante poiché tutto ciò che sperimentano insieme e individualmente diventa tappa verso la scoperta della cura e della bellezza, della soddisfazione data dal frutto che cresce e dalla terra che genera grazie al loro contributo», ha spiegato il coordinatore di Casa di Benedetta, Alessandro Cartisano.
La vita scorre giorno dopo giorno tra attività scolastiche e di formazione professionale e la settimana è scandita anche da momenti di vita comunitaria, testimonianze, incontri su temi di attualità. Tra gli appuntamenti più attesi, anche quello dell’orto grazie al contributo sapiente e appassionato di Paolo Palamara. Quando sarà possibile si tornerà anche a fare delle uscite e a coltivare fuori dalla struttura hobby e sport.
È un percorso durante il quale una vita più bella diventa possibile; un cammino accompagnato da un motivo soave e melodioso che racconta la storia di un’altra esistenza breve ma intensa, quale è stata quella di Benedetta, in cui la gioia e il sorriso hanno sempre sfidato le avversità e la malattia con grande coraggio, rimanendo oggi vivi nel ricordo di chi ha conosciuto la giovane. Un progetto che ne onora la memoria, ricordando la bellezza della sua vita e non il dramma della sua morte.
«Entrare in una casa che porta il nome di una ragazza che ha sempre creduto nella vita fino alla fine, penso che possa allargare anche il cuore afflitto da mille difficoltà. Questi ragazzi certamente affrontano tanti problemi, però hanno il coraggio e la voglia di vivere e di andare incontro al futuro. Siamo per questo orgogliosi di camminare accanto a loro, nel nome di Benedetta», ha concluso Carmela Cimino, presidente della fondazione Benedetta è la vita onlus.