Ivana Fava, tenente dell'Arma nel nome del padre ucciso dalla 'ndrangheta

VIDEO | Il padre Antonino morì in un agguato mafioso insieme al collega del Nucleo radiomobile dei Carabinieri Vincenzo Garofalo. Ai conterranei dice: «Non andate via, rendete la Calabria migliore».

di Giovanni Verduci
5 aprile 2019
06:32
Ivana Fava
Ivana Fava

Fra qualche giorno festeggerà il suo primo anniversario di appartenenza all’Arma dei Carabinieri. Lei è Ivana Fava, tenente poco più che trentenne, che dallo scorso mese di luglio è in forza alla Scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria che è stata dedicata al padre Antonino e al collega Vincenzo Garofalo uccisi dalla criminalità organizzata il 18 gennaio del 1994.

Nel 1994 l'agguato al padre

Dal giorno in cui un killer ragazzino fece fuoco contro suo padre lungo l’autostrada, nei pressi dello svincolo di Scilla, sono passati 25 anni. Un quarto di secolo che sbiadisce i ricordi ma non affievolisce le emozioni.  «Di quel giorno mi ricordo - dice la tenente Fava non nascondendo la commozione - il citofono che suonava e la porta della mia stanza che si chiudeva».


Quel giorno Ivana Fava aveva otto anni e la sua vita venne completamente stravolta. Così come quella della sua famiglia e della famiglia di Vincenzo Garofalo. Senza spiegazione.

«Mia mamma - ricorda - mi disse che mio padre era un eroe e che era stato chiamato dal Signore in cielo e lì era diventato un soldato del Signore».

Il processo "Ndrangheta stragista"

Oggi la tenente Fava è una donna realizzata ed una madre felice. Ma aspetta ancora giustizia. Un risarcimento terreno che potrebbe arrivare dal processo “Ndrangheta stragista” che, anche grazie all’impegno investigativo del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, ha portato alla sbarra i presunti mandanti dell’omicidio dei carabinieri del Nucleo radiomobile di Palmi.

«Lo Stato - commenta Ivana Fava - non dimentica chi ha pagato con la vita il suo impegno nella difesa della Repubblica e dei suoi cittadino».

Lei che in Calabria ci è nata, che in questa terra ha pianto un padre assassinato giovanissimo, non vuole recidere le proprie radici, anzi dal suo ufficio al secondo piano della scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria manda un messaggio ai suoi concittadini. «Ai calabresi - dice - dico di non lasciare questa terra che, solo attraverso l’impegno dei suoi figli migliori, può trovare la svolta per vivere meglio».

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