Il collaboratore Francesco Labate si è consegnato alla Giustizia, introno alle ore 19, presentandosi direttamente alla porta d’ingresso del carcere di Reggio Calabria, plesso San Pietro.

È durata solo cinque giorni, dunque, la fuga del pentito che aveva lasciato la località protetta nella quale si trovava, facendo perdere le proprie tracce ed inviando un video alla moglie nella quale annunciava di voler ritrattare tutte le accuse fatte e messe a verbale davanti ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

Labate, secondo quanto aveva annunciato il massmediologo Klaus Davi, aveva anche inviato una lettera al suocero, Filippo Barreca, per spiegare le ragioni di quel gesto. Alla base, secondo quanto riporta chi ha potuto vedere il video, ci sarebbero state motivazioni legate all’impossibilità di vedere i propri figli. Vicenda sulla quale la Procura reggina aveva deciso di mantenere il più assoluto riserbo.

Chi è Francesco Labate

Labate viene ritenuto un partecipe della cosca Barreca che, dopo anni di silenzio, è tornata sulla scena criminale. Secondo i magistrati della Dda, Labate è uno degli ambasciatori di Barreca sul territorio reggino. Stando a quanto ricostruito dall’accusa, sarebbe stato deputato alla gestione della raccolta estorsiva, avrebbe effettuato sopralluoghi nel territorio per individuare i cantieri degli imprenditori da sottoporre ad estorsione, formulando richiesta di denaro in nome e per conto del capo del sodalizio, procedendo poi alla riscossione.

Non solo, Labate avrebbe anche perpetrato danneggiamenti ed intimidazioni nei confronti degli imprenditori e dei commercianti che non si adeguavano alle richieste della cosca. Dalle risultanze delle indagini, inoltre, avrebbe partecipato alle riunioni operative con gli accoscati e con i rappresentanti delle altre ‘ndrine della provincia reggina, nonché avrebbe accompagnato Filippo Barreca nei suoi spostamenti, offrendo supporto per eludere le prescrizioni della detenzione domiciliare.

Nello specifico, Francesco Labate, in diversi casi, si sarebbe fatto latore delle richieste estorsive della cosca Barreca nei confronti di imprenditori operanti nella zona di Pellaro, recandosi ripetutamente da costoro per ottenere le somme di denaro. In un altro caso, anche nei riguardi dei titolari di un noto pub della zona di Pellaro. «Ci sono io che vedo – dichiarava nell’ottobre 2018 – non ti preoccupare, vedo e non mi sfugge niente». Così Francesco “Checco” Labate parlava con altri sodali, con riferimento alla sua posizione di “guardiano” degli interessi della cosca Barreca.

Cosa succede adesso?

Labate ora dovrà essere sentito dai magistrati della Dda di Reggio Calabria, ai quali dovrà spiegare le ragioni di questa scelta con cui ha deciso – o almeno così pare – di porre fine alla sua collaborazione con la giustizia.

Se così dovesse essere, allora, l’uomo rimarrà all’interno del carcere, o più probabilmente, sarà trasferito e messo all’interno di una casa circondariale più sicura, dopo le dichiarazioni accusatorie rese contro la cosca Barreca. Se invece dovesse decidere di proseguire nel suo percorso collaborativo, vi sarà un iter diverso per vagliare effettivamente le sue volontà. Toccherà ai pubblici ministeri Musolino e Ignazitto, coordinati dal procuratore capo Bombardieri, dirimere questa matassa.