Reggio, l’allarme di Bombardieri: «Qui servono uomini e mezzi»

VIDEO | Così il procuratore a margine della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione che ha portato a 13 arresti: «Nella Squadra mobile della città 160 unità, a Palermo 800»

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di Redazione
17 luglio 2019
14:13
Giovanni Bombardieri
Giovanni Bombardieri

«C'è la necessità di un rafforzamento di uomini e mezzi in Calabria e soprattutto a Reggio, per fronteggiare adeguatamente un fenomeno criminale, qual è la 'ndrangheta, radicata profondamente nel proprio territorio di origine e ormai ampiamente globalizzata come descritto e sancito da decine e decine di sentenze definitive». Lo ha detto il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, incontrando i giornalisti insieme al comandante provinciale dei carabinieri Giuseppe Battaglia, per commentare i risultati dell'operazione "Altanus".

 


«Il Governo, riunitosi due volte in Calabria, e le visite del ministro dell'Interno - ha aggiunto il magistrato - costituiscono certamente segnali significativamente positivi della volontà di dare corso ad un'azione decisa contro la 'ndrangheta, ma è altresì necessario che tale consapevolezza trovi sbocchi immediati poiché la dotazione degli organici delle forze di polizia tutte sia all'altezza della sfida. Lo Stato deve intervenire con lo stesso spirito di quanto fece in Sicilia negli anni '80 contro Cosa Nostra, incrementando il personale destinato alle investigazioni sul territorio. Chiudo con un esempio - ha detto Bombardieri - l'organico della Squadra mobile di Reggio Calabria è oggi poco oltre le 160 unità; di converso, a Palermo, in questo momento, l'organico della squadra mobile è di 800 unità».

 

Ma in riva allo Stretto non mancano “solo” poliziotti, carabinieri e guardia di finanza. L’organico dei giudici è ridotto all’osso. A fronte dei quasi trenta pm della Procura, tra magistratura ordinaria e quella antimafia, mancano almeno 11 magistrati giudicanti; alla sezione gip-gup sono solo in 14, al Riesame sette e quattro in corte d’assise-misure di prevenzione. Uno spaccato drammatico che si apprende facilmente dagli stessi dati pubblicati sul sito reggino del Tribunale. I magistrati, come sancito dalla Costituzione, non possono essere trasferiti d’ufficio- a meno che non sia disposto disciplinarmente dal Csm o a seguito di una loro richiesta specifica. A Reggio, però, nonostante gli incentivi economici e gli avanzamenti di carriera, volti proprio per far occupare le cosiddette “sedi disagiate”, nessuno ci vuole venire. La spiegazione è fornita dallo stesso procuratore Bombardieri il quale ha dichiarato: «È un cane che si morde la coda. Se si deve venire a lavorare qua in condizioni di lavoro che sono quasi proibitive è chiaro che se un giudice deve stare 3 anni, a due anni e dieci mesi inizia a prepararsi al trasferimento. Ma se si viene a lavorare in una terra- ha continuato il procuratore- in cui vengono messi in condizioni di lavorare in maniera serena, tranquilla e no nella continua emergenza è evidente che qua ci rimangono. Finché i numeri sono questi (compresi quelli delle forze dell’ordine ndr)- chiosa Bombardieri- è evidente che un giudice, il quale può scegliere di andare in un altro Tribunale dove ha un carico di lavoro medio, che è la metà di quello che è qua a Reggio, sceglierà quell’altro Tribunale, ma non perché non ha voglia di lavorare, ma deve essere messo in condizioni e non con l’acqua alla gola e le continue scadenze. Si tratta quindi- ha concluso- di concordare un “sistema giustizia” vero e proprio che metta tutti quanti nelle condizioni di poter lavorare bene e ciò si può fare. Ne sono sicuro».

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