Il sisma del 1908 rase al suolo anche Messina portando morte e distruzione. Secondo le stime furono oltre 80mila le vittime e 100mila gli sfollati
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Bastarono solo 37 secondi quella mattina del 28 dicembre del 1908, quando, alle 5,27 mentre la popolazione dormiva, un fortissimo terremoto dell’11° grado della scala Mercalli rase al suolo le città di Reggio Calabria e Messina. Quel sisma è considerato come uno degli eventi più catastrofici del XX secolo e una della più grandi calamità che si abbatterono sull’Italia unita degli inizi del ‘900.
Lo tsumani
Ma non solo il terremoto. A causa degli incendi che scoppiarono anche a causa delle fuoriuscite del gas andarono in fiamme case, palazzi storici e chiese. I sopravvissuti terrorizzati si riversarono per le strade e in riva del mare pensando di trovare salvezza in un luogo in cui non c’era il pericolo che crollassero costruzioni. E fu allora che al terremoto seguì lo tsumani: tre onde gigantesche, stimate da 6 a 12 metri di altezza, spazzarono via tutto ciò che il terremoto aveva demolito e una parte dei sopravvissuti. Secondo le stime furono oltre 80mila le vittime e 100mila gli sfollati.
Scenario apocalittico
Lo scenario che si presentò ai soccorritori, peraltro arrivati con notevoli ritardi, fu apocalittico. Persone seminude che vagano per le strade alla ricerca di un rifugio e di una consolazione, dopo aver perso ogni cosa. Tra le prime squadre di soccorso che giunsero fu quella guidata dall’esponente socialista Pietro Mancini che, a Reggio Calabria, dichiarò: «Le descrizioni dei giornali di Reggio e dintorni sono al di sotto del vero. Nessuna parola, la più esagerata, può darvene l’idea. Bisogna avere visto. Immaginate tutto ciò che vi può essere di più triste, di più desolante. Immaginate una città abbattuta totalmente, degli inebetiti per le vie, dei cadaveri in putrefazione ad ogni angolo di via, e voi avrete un’idea approssimativa di che cos’è Reggio, la bella città che fu».
Il ricordo del poeta Quasimodo
Tra i terrorizzati testimoni oculari ricordiamo anche un giovanissimo Salvatore Quasimodo, di appena 7 anni. Il padre Gaetano, ferroviere, fu mandato, insieme alla famiglia, a ripristinare le linee ferroviarie di quello che restava di Messina. E il piccolo Salvatore visse nei vagoni dei treni, insieme a molti terremotati. Il ricordo dei momenti di terrore vissuti e condivisi gli ispirò, 48 anni dopo, nella poesia “Al padre”, i versi: «Il terremoto ribolle da due giorni, è dicembre d’uragani e mare avvelenato».
Colpo all'economia
Ma il terremoto fu un colpo al cuore alle persone e all’economia di una città che era sull’orlo del baratro. Nello stretto giunsero le navi americane a portare aiuti. Tanto grati furono i superstiti che molte vie della città dello Stretto presero il nome di queste grandi imbarcazioni che portavano la salvezza (ad esempio: via Pensilvania).
Era già successo nel 1783. La terra aveva tremato con 5 forti scosse che dal 5 febbraio al 28 marzo avevano causato migliaia di vittime e, anche in quel caso, distrutto Reggio e Messina.
E la terra continua a tremare. Solo pochi giorni fa, sabato 19 dicembre, a Reggio Calabria una scossa di terremoto compresa tra i 3.9 e i 4.4 di magnitudo ha colto di sorpresa la popolazione, spaventando soprattutto coloro che si trovavano nelle abitazioni. Tanto spavento ma nessun danno per fortuna. In questo periodo è in atto uno sciame sismico nella zona di Roccaforte del Greco, in provincia di Reggio. Eventi che ricordano, una volta di più, quanto elevata sia la sismicità alle nostre latitudini.
Il ricordo di Falcomatà
Il sindaco della città dello Stretto, Giuseppe Falcomatà ha commentato il triste anniversario che oggi ricorre: «Il Paese si fece trovare impreparato, la macchina dei soccorsi arrivò in ritardo, con conseguenze sia economiche che sociali. Il nostro è un popolo abituato a cadere e a ripartire con un senso di orgoglio, di identità e di appartenenza, per ricordarci la nostra storia, quello che siamo e quello che siamo stati. La tragedia del terremoto ci ricorda di avere rispetto per il paese in cui si vive, solo così si possono costruire basi solide per il futuro della nostra terra».
«Siamo un popolo fiero - ha aggiunto il sindaco - orgoglioso della sua storia e della sua identità. Ed è proprio da questo che dobbiamo ripartire. In queste ore al Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, cosi come in tutta Italia, è iniziata la prima campagna vaccinale destinata agli operatori sanitari, a tutti coloro che nell'ultimo anno hanno combattuto in prima linea la battaglia contro il virus e ai quali va il nostro più sincero grazie. Un segno di rinascita e di ripartenza dopo un anno difficile, caratterizzato da una pesante crisi economica oltre che sanitaria».
«L'anniversario del terremoto del 1908 quest'anno assume quindi un significato particolare. Anche di fronte alle tragedie più immani è possibile, anzi è necessario, rialzare la testa e ricominciare. In questi giorni sui social si legge di tutto, teorie cospirazioniste e negazioniste rispetto alla tragedia del Covid e all'efficacia del vaccino. Non è questo lo spirito che deve caratterizzare questa fase così delicata. L’avvio della campagna vaccinale può rappresentare un nuovo inizio. Ed al di là degli effetti che questa avrà a livello sanitario e di ripartenza economica, credo sia importante considerarne anche gli effetti emotivi e sul senso civico della comunità. Questa pandemia ci ha insegnato, una volta di più, che solo stando uniti si può uscire vittoriosi da simili tragedie. Appunto come è avvenuto con il terremoto all'inizio del secolo scorso. Quello che è avvenuto allora, quello che avviene oggi, sia da insegnamento per ciò che dovrà avvenire domani».