«Desidero porre alla sua attenzione una situazione gravosa e non più rinviabile che si riferisce allo scenario in cui le Province operano a seguito delle frenetiche operazioni legislative che le hanno coinvolte dal 2014 in poi». Inizia così la missiva che il presidente dell'ente intermedio di Catanzaro, Sergio Abramo, ha inviato questa mattina  al viceministro dell’Economia e delle Finanze Laura Castelli. 

Il presidente della Provincia ha intanto illustrato alcuni numeri presenti all’interno di un rapporto redatto dall’Upi: «Prima della legge Delrio le Province italiane erano 107, elette direttamente dai cittadini, e avevano circa 43mila dipendenti in dotazione. La riforma ha toccato le 86 Province delle Regioni a statuto ordinario, che sono diventate 76 Province e dieci Città metropolitane. Gli effetti dirompenti, al di là dei nomi scelti e della discrepanza tra Regioni, si sono avuti sulle funzioni. La riforma stabilisce che resti in capo alle Province la gestione dell’edilizia scolastica delle medie superiori e la costruzioni e gestione delle strade provinciali.

Nel primo caso, si tratta di oltre 5100 edifici scolastici nei quali studiano più di 2,5 milioni di ragazzi. Per quanto riguarda la viabilità, invece, si parla di 130mila chilometri di strade, pari all’80% della rete viaria nazionale sulla quale insistono 30mila tra ponti, viadotti e gallerie. Come evidenziato da un monitoraggio ordinato dal ministero delle Infrastrutture dopo il crollo del ponte Morandi, molti di essi sono in condizioni critiche.

In capo alle Province sono rimaste anche pianificazione territoriale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali, funzioni di stazione appaltante e organizzazione di concorsi e procedure selettive. La Manovra del 2014 ha tagliato 3 miliardi di finanziamenti nel triennio 2015-17 ed ha sforbiciato del 50% il personale delle 76 Province: 16mila dipendenti sono stati trasferiti con procedura di mobilità o sono finiti in pensione. L’incidenza media dei tagli delle manovre economiche dal 2012 al 2018 sulle entrate proprie delle Province è pari al 60,4%».

«Purtroppo - prosegue il presidente della Provincia - le macerie che ha prodotto la riforma Delrio sono talmente evidenti che anche coloro che all’epoca ne caldeggiarono l’approvazione oggi ne riconoscono gli effetti nefasti. Non ritengo, quindi, opportuno dilungarmi in illustrazioni divenute con il tempo ovvie per tutte le parti politiche. La realtà descritta ha causato, negli ultimi anni, situazioni di dissesto o predissesto in numerosissime Province su tutto il territorio nazionale, da nord a sud. In Calabria, il catastrofico quadro si completa con l’impossibilità, oggi, di pagare gli stipendi ai pochi dipendenti rimasti. È già successo a Vibo Valentia, adesso sono le Province di Catanzaro e di Crotone a non essere in grado di pagare i trattamenti economici stipendiali, mentre la Provincia di Cosenza gestisce con non poche difficoltà le funzioni essenziali.

Va da sé quanto tale situazione generi disagio sociale e frustrazione in centinaia di famiglie. La gravità della situazione rende non più procrastinabile la trattazione, in modo sistematico, delle problematiche rappresentate. A tale scopo, Le chiedo di stabilire una data per un incontro valido a definire un percorso che renda possibile la sopravvivenza di un ente fondamentale per i territori. Incontro per il quale hanno già assicurato la volontà di presenziare i deputati e i senatori calabresi di tutti gli schieramenti politici e le segreterie regionali delle principali sigle sindacali. Mi preme chiederle che si faccia in fretta, inoltre e soprattutto, perché i dipendenti non possono essere le vittime incolpevoli di una riforma a metà».

Sulla questione è intervenuta anche Jasmine Cristallo: «Studenti al freddo, musei chiusi e dipendenti senza stipendio, l’immagine di Palazzo di Vetro simbolo di buona amministrazione si frantuma sotto il peso del debito milionario che grava sulle casse dell’amministrazione provinciale in gran parte provocato dai famigerati contratti derivati sottoscritti nel lontano 2007.

Per 15 anni gli allarmi lanciati dalle opposizioni prima e poi dagli ispettori del Ministero dell’Economia, dalla Corte dei Conti, dalla Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica sui rischi dello strumento finanziario utilizzato sono caduti nel vuoto. Ora tardivamente si cerca di trovare una disperata soluzione. Innanzitutto addossando tutta la responsabilità sugli uffici amministrativi dimenticando che quell’atto fu votato dal Consiglio provinciale, che la minoranza sollevò da subito perplessità e che lo stesso presidente Michele Traversa tranquillizzò i consiglieri sulla bontà della scelta.

Adesso l’interruzione unilaterale dei contratti espone ugualmente la Provincia di Catanzaro ad un duro contenzioso con le banche che certamente faranno di tutto per riottenere quanto meno i 45 milioni di capitale, ma anche la restante porzione di interessi ammontante a 15 milioni di euro. L’atto adottato dalla Provincia imputa in sintesi tutto ad un illecito comportamento delle banche. Se così fosse ci auguriamo che in contemporanea all’approvazione del documento il presidente Sergio Abramo abbia depositato una denuncia alla Procura nei confronti degli istituti bancari. Resta da capire come sia stato possibile che per accorgersi del crack siano dovuti passare 15 anni e ben quattro presidenti. Qualcuno adesso dovrà spiegarlo alle famiglie degli studenti che rischiano di non poter andare a scuola, ai dipendenti dell’amministrazione, alle cooperative che in questi anni hanno gestito il patrimonio museale e ai cittadini tutti».