La deposizione di Emanuele Mancuso e la chiamata in causa di due fratelli da parte del collaboratore di giustizia
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“Egregio Direttore, faccio riferimento all’articolo apparso sul sito del IlVibonese.it e LaCnews24 del 07/04/2021 avente titolo “Rinascita Scott, Emanuele Mancuso: «Carabinieri e politici legati mani e piedi al clan" – La ferocia degli Accorinti di Zungri, i pestaggi e l’impresa del latte” e all’articolo del 15/04/2021 con il titolo “Processo Rinascita Scott, terminato l’esame di Emanuele Mancuso” entrambi firmati dal giornalista Giuseppe Baglivo, nel corso del quale si lede la dignità mia e di un intera famiglia fatta di onesti lavoratori che ogni giorno si guadagna da vivere con il sudore della fronte, senza torcere un capello a nessuno, per il quale le chiediamo di voler pubblicare la presente risposta in ragione del diritto di replica garantito dalla legge sull’ editoria.
Premetto che la mia intenzione non è quella di attaccare nessuno ma, non mi sarei mai aspettato che il nome della mia famiglia venisse denigrato in questo modo su un giornale. In primis vorrei citare un punto dell’articolo del pestaggio in cui si racconta che io e mio fratello avremmo subito un massacro da tale Giuseppe Accorinti, dichiarazione del tutto contrastante con quella riportata negli interrogatori del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso. Infatti a pagina 148 ,in sintesi, il collaboratore spiega “ CHE I FRATELLI PUGLIESE HANNO ASSISTITO AD UN PESTAGGIO A TERZE PERSONE” , tra i termini “aver subito” e “aver assistito” c’è una grande differenza, tra l’altro nè io e nè mio fratello non abbiamo assistito a nessun pestaggio relativo a un furto di oro come citato dal collaboratore. In secondo, vorrei fare una breve precisazione ai diversi articoli firmati da G.B. e pubblicati su Il Vibonese e Lacnews24 dove riporta che mio fratello avrebbe minacciato il collaboratore sopracitato dalla finestra della cella della casa circondariale di Siano. Affermazioni non vera in quanto mio fratello non è mai stato detenuto a Siano. Infine, relativamente all’articolo del 15/04/2021 ci vorremmo del tutto dissociare dalle affermazioni del giornalista nella parte in cui scrive che io e mio fratello siamo in “concorrenza” con gli Accorinti di Zungri (in relazione ad attività illegali a noi sconosciute) e vicini ai Mancuso. Pertanto, le affermazioni riportate negli articoli richiamati, tese a creare un danno di immagine non indifferente alla mia famiglia e che potrebbero avere come conseguenza la tendenza ad elaborare tesi fantasiose arricchite con sceneggiature inverosimili, sono frutto di fuorvianti ricostruzioni che non collimano in alcun modo con realtà dei fatti. Chiunque ci conosce veramente non potrà che ritenere inverosimili le dichiarazioni riportate. Per concludere io e mio fratello ci riserviamo ogni opportuna azione legale tesa alla tutela dei nostri diritti”.
Sin qui la nota di Domenico Pugliese. Per parte nostra intendiamo precisare che:
Ci limitiamo a fare semplicemente il nostro lavoro e, nel caso di specie, di aver fatto la cronaca di quanto dichiarato in aula dal collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso nel corso della sua deposizione nel maxiprocesso Rinascita Scott.
Nessuna denigrazione, dunque, e meno che mai nessun attacco nei confronti della famiglia Pugliese. Esercitiamo il diritto di cronaca che è cosa ben diversa da qualunque denigrazione.
Che le dichiarazioni di Emanuele Mancuso in aula siano, a suo dire, contrastanti con quanto reso dallo stesso collaboratore di giustizia nel corso degli interrogatori resi nella fase delle indagini, è fatto di cui Domenico Pugliese potrà informare – ove lo riterrà opportuno – l’autorità giudiziaria, non certo il giornalista che si è limitato a riportare quanto affermato in udienza dal collaboratore (corrispondente o meno ai verbali, il giornalista ha fatto la cronaca dell’udienza e non dei verbali).
Che Francesco Pugliese avrebbe minacciato il collaboratore di giustizia nel carcere di Siano non è affermazione del giornalista, ma è il capo di imputazione (unitamente alla detenzione di una pistola ed al favoreggiamento della latitanza di Giuseppe Mancuso) elevato dalla Dda di Catanzaro nei confronti di Francesco Pugliese per il quale il gip l’ha ammesso al processo con rito abbreviato.
Prendiamo atto della dissociazione rispetto ai contenuti dell’articolo del 15/04/2021 laddove i fratelli Pugliese dichiarano di non essere mai stati in concorrenza con gli Accorinti di Zungri nello spaccio di stupefacenti, né vicini ai Mancuso. Tale dissociazione, tuttavia, non va fatta rispetto “alle affermazioni del giornalista” (come invece erroneamente scrive Domenico Pugliese), bensì dalle dichiarazioni di Emanuele Mancuso fatte in aula e che il giornalista ha doverosamente riportato nel pieno e legittimo esercizio del diritto di cronaca.
Nessun danno di immagine alla famiglia Pugliese, infine, da parte del giornalista che fa il proprio dovere (la cronaca dell’udienza pubblica, in questo caso) non inventandosi di certo “sceneggiature e tesi inverosimili”. Nessuna “ricostruzione fuorviante”, dunque, ma semplice cronaca di ciò che è stato detto in aula dal collaboratore. Contrariamente a quanto pensa Domenico Pugliese, non spetta di certo al giornalista accertare se tali ricostruzioni (degli inquirenti e non del giornalista, lo ribadiamo ancora) corrispondano o meno alla realtà dei fatti. Ci sarà una sentenza per i procedimenti penali in corso che leggeremo e pubblicheremo quando verrà emessa e lì capiremo se quanto sostenuto dal collaboratore è stato ritenuto veritiero o meno dai giudici.
Anche il giornalista e la testata si riservano ogni opportuna azione legale nei confronti di affermazioni tese ad attribuire al cronista ricostruzioni non veritiere ledendo in tal modo la professionalità di chi si limita ad esercitare il diritto/dovere di cronaca.