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Mentre a Lamezia di scaldano i motori per le amministrative, ieri in aula durante l’udienza del processo Perseo, si è tornato a parlare anche di elezioni e di come nelle scorse tornate alcuni candidati si sarebbero rivolti proprio alla ndrangheta per avere sostegno ed assicurarsi un bacino di voti.
A parlare è stato l’ex boss del clan Giampà, Giuseppe Giampà, che ha raccontato di come a rivolgersi a lui sarebbero stati indistintamente politici di destra e di sinistra.
Ha così ribadito di come l’avvocato lametino Chicco Scaramuzzino avrebbe fatto da tramite tra lui e il senatore Aiello al fine di concordare un appoggio alle elezioni regionali. Un appoggio che interessava, ha spiegato Giampà, al clan perché in questo modo si sarebbero potuti assicurare un lasciapassare sugli appalti.
A lui si sarebbe rivolto poi anche l’avvocato Lucchino che era candidato alle elezioni comunali. Ma, ha raccontato Giampà, questo contesto poco interessava al clan che così avrebbe indirizzato Lucchino verso Franco Trovato affinché facesse da intermediario con l’ampia comunità zingara lametina.
Dai racconti dell’ex boss, Lucchino avrebbe investito su questa operazione quindici mila euro non riuscendo però a conquistare lo scranno in consiglio. Ecco allora che Giampà gli avrebbe proposto di recuperare la somma persa tramite una truffa assicurativa. Una sorta di “soddisfatti o rimborsati” che molto dice sul codice deontologico della criminalità organizzata.
di Tiziana Bagnato