La pubblica accusa ritiene provata l’aggravante mafiosa nel reato di corruzione elettorale contestato all’ex sindaco di Briatico ed ex presidente della Provincia di Vibo. Dinanzi alla Suprema Corte anche altre cinque posizioni
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La Procura generale di Catanzaro con il sostituto Raffaella Sforza si rivolge alla Cassazione contro la sentenza di secondo grado pronunciata dalla Corte d’Appello nei confronti di sei imputati coinvolti nell’operazione antimafia “Costa Pulita” scattata nell’aprile del 2016 con il coordinamento della Dda. Il ricorso della Procura generale interessa in particolare l’ex sindaco di Briatico (ed ex presidente della Provincia di Vibo Valentia), Andrea Niglia, condannato in primo grado a 2 anni per il reato di corruzione elettorale aggravata dalle finalità mafiose, (oltre ad una pena accessoria si cinque anni di interdizione legale dai pubblici uffici). In appello, la Corte ha confermato la commissione del reato – corruzione elettorale – ma ha fatto venir meno l’aggravante mafiosa e per questo è stata dichiarata la prescrizione della contestazione.
Niglia e la prescrizione
Condannato in primo grado a 2 anni per corruzione elettorale con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, in appello l’assoluzione dalla sola aggravante mafiosa ha mandato in prescrizione l’intera contestazione. Per i giudici d’appello è rimasto accertato che in occasione delle elezioni comunali di Briatico del 2010, l’allora candidato a sindaco Andrea Niglia “prometteva l'assunzione del figlio del fratello di Nino Accorinti all'interno della Italcementi spa, assicurando altresì la nomina alla carica di assessore di soggetti graditi alla cosca Accorinti (un posto di vicesindaco a Domenico Marzano e un posto di assessore verosimilmente a Salvatore Prostamo)”.
Sottolinea la Corte d’Appello al riguardo in sentenza: “Il reato, nella sua materialità, appare realizzato. Non vi è motivo di dubitare della narrazione che Prostamo fa a Barillari, soggetto legato da rapporti di parentela con Pino Bonavita, poiché ignora di essere intercettato e riferisce di fatti cui dice di aver assistito personalmente, di riunioni presso il proprio studio, di una cena a Lamezia. Le disposizioni in materia elettorale sanzionano la condotta di chi per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, il voto elettorale promette qualunque utilità”. Nel caso di specie sussiste la “promessa sotto forma di utilità (l'assunzione da parte di ltalcementi) che Andrea Niglia propone a Franco Accorinti in cambio del suo appoggio e dei voti che questi riuscisse a procurare”. La caduta dell’aggravante mafiosa viene quindi motivata in sentenza dalla Corte d’Appello di Catanzaro ritenendo che “Andrea Niglia appare muoversi nel proprio esclusivo interesse alla ricerca di appoggi elettorali, garantendo a Franco Accorinti un'assunzione, fatto idoneo a configurare il reato, ma non anche ad estendere la contestazione in rapporto all’agevolazione della cosca, che aveva optato per altro candidato”, individuato in sentenza in Francesco Prestia, divenuto sindaco di Briatico nel 2010 e condannato in appello ad un anno e 4 mesi (con concessione delle attenuanti generiche, mentre in primo grado per corruzione elettorale aggravata dalle finalità mafiose era stato condannato alla pena di 2 anni). Per la Corte d’Appello, dunque, “l’offerta di utilità di Andrea Niglia appare rivolta al solo Franco Accorinti, nella tradita aspettativa che lo stesso potesse ottenere i favori del fratello. Il reato è allora prescritto”.
Il ricorso in Cassazione
Contro tali motivazioni, che hanno fatto venir meno l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e mandato in prescrizione il reato di corruzione elettorale contestato ad Andrea Niglia, il sostituto procuratore generale di Catanzaro Raffaella Sforza ha presentato ricorso in Cassazione, la quale a giorni provvederà alla fissazione dell’apposita udienza di trattazione. “La motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria – evidenzia la Procura generale nel ricorso del sostituto Sforza – in quanto, benché Andrea Niglia possa aver perseguito il proprio tornaconto elettorale, la trattativa con Franco Accorinti era diretta all'acquisizione del bacino di consensi del fratello Antonino, capo dell'omonima cosca, che ne avrebbe tratto un’agevolazione mediante infiltrazione di propri uomini di fiducia all'interno dell'amministrazione comunale. Sulla consapevolezza di agevolare il consorzio mafioso è sufficiente por mente – sostiene ancora la Procura generale – alla notorietà della caratura criminale della cosca Accorinti, alla circostanza che Niglia si candidò a sindaco per la prima volta alle elezioni del 2005, dopo che l'amministrazione precedente - di cui Franco Accorinti era stato il consigliere comunale più votato - era stata sciolta per infiltrazioni mafiose, al rapporto di affinità con Pino Bonavita, socio storico di Accorinti Antonino e zio della moglie dell'imputato”, cioè di Andrea Niglia, nonché alla scelta di “tenere "riservati" gli incontri con cui si svolse la trattativa”. La Procura generale nel ricorso in Cassazione sottolinea inoltre che secondo “le dichiarazioni intercettate di Salvatore Prostamo, Andrea Niglia si era incontrato anche con Nino Accorinti, fino ad un mese prima delle elezioni, non riuscendo a spiegarsi come mai quest’ultimo gli era andato contro, optando per altro candidato”.
Il sostituto procuratore generale, Raffaella Sforza, ricorda poi la circostanza secondo cui “nella sentenza impugnata non si è tenuto conto che la Commissione di Accesso al Comune di Briatico aveva accertato forme di condizionamento anche nei confronti dell’amministrazione Niglia nel periodo 2005-2010, tali da "determinare una alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità dell'amministrazione nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, in un contesto territoriale fortemente contraddistinto dalla notoria presenza di cosche criminali e connotato da elevati indici di criminalità”. In conclusione, quindi, “la finalità perseguita da Niglia, nel 2010, era quella di conseguire la vittoria elettorale mediante il sostegno della cosca capeggiata da Accorinti Antonino, dietro promessa di indebiti favori, con conseguente applicabilità della circostanza aggravante mafiosa”. Da ricordare che gli organi elettivi del Comune di Briatico sono stati sciolti tre volte per infiltrazioni mafiose: nel 2003 (sindaco Costantino Massara), gennaio 2012 (sindaco Francesco Prestia), 8 maggio 2018 (sindaco Andrea Niglia).
Gli altri motivi di ricorso
Il ricorso in Cassazione della Procura generale di Catanzaro avverso l’assoluzione per altri singoli capi di imputazione interessa poi i seguenti imputati: Emanuele Melluso, di Briatico, condannato a 6 anni e 10 mesi (8 anni e 8 mesi in primo grado); Simone Melluso, di Briatico, condannato a 7 anni (8 anni e 8 mesi in primo grado); Eugenya Umyarova (cl. ’73) dell’Uzbekistan, assolta (2 anni in primo grado); Carmine Il Grande, indicato quale capo dell’omonimo clan di Parghelia, condannato a 8 anni e 8 mesi (10 anni in primo grado); Gerardo La Rosa, di Parghelia, condannato a 6 anni e 4 mesi (8 anni in primo grado).
In particolare, Eugenya Umyarova è stata dipendente della Briatico Eolie nel 2012 e della Blue Line nel 2011 e possiede diversi titoli alla navigazione. L’accusa ne chiede la condanna per il reato di trasferimento fraudolento di valori (intestazione di una quota della società di navigazione di Briatico ad opera degli Accorinti). Il ricorso riguardante i due fratelli Melluso (Emanuele e Simone), Carmine Il Grande e il suocero Gerardo La Rosa interessa invece un trasferimento di armi dalla Lombardia alla Calabria determinato dall’impulso di Carmine Il Grande. “La sentenza impugnata non ha considerato che l’intera vicenda era riconducibile ad un articolato contesto criminale – si legge nel ricorso della Procura generale – che vedeva l’interessamento di esponenti di più consorterie tra loro sinergicamente attive sul territorio, quali i gemelli Melluso di Briatico - inseriti in altra organizzazione di 'ndrangheta - con conseguente dimostrazione del riconoscimento esterno di appartenenza alla criminalità della famiglia Il Grande”. La Procura generale ha infine impugnato anche l’assoluzione incassata dai fratelli Melluso in una vicenda di intestazione fittizia di un bar a Briatico.