Probabile che la sentenza arrivi entro il mese di giugno. Udienza dedicata all’interrogatorio del giornalista televisivo. Sentito anche il proprietario del cinema Garden: da lui soltanto «vaghi ricordi»
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Dopo una sessantina di udienze e quasi due anni e mezzo di dibattimento, il processo Bergamini è prossimo ormai alla conclusione del primo grado di giudizio. Alla sbarra, com’è noto, c’è Isabella Internò, la donna accusata dell’omicidio volontario dell’allora calciatore del Cosenza datato 18 novembre 1989. All’appello, in aula, mancano solo quattro testimoni della difesa che saranno sentiti a febbraio. I due mesi successivi saranno dedicati, invece, alla fase di acquisizione di nuove prove e testimonianze nonché alle spontanee dichiarazioni dell’imputata. Dopodiché sarà già tempo di requisitoria e arringhe. Tutto lascia pensare che per la sentenza di primo grado sarà pronunciata entro il mese di giugno, a meno che la Corte d’assise presieduta da Paola Lucente con Marco Bilotta a latere non decida di disporre nuove perizie specialistiche per approfondire aspetti a suo avviso ancora poco chiari. Un’eventualità del genere, va da sé, finirebbe per allungare un po’ i tempi. Comunque vada, siamo ormai sul rettilineo finale.
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L’udienza di oggi è stata dedicata in buona parte ad Alfredo Iuliano, papà di Mark, ex calciatore della Juventus e della Nazionale. Nel 2009, Alfredo intervistò Domizio e Donata Bergamini e quel documento, poi caricato su Youtube, è stato acquisito agli atti del processo. Davanti ai giudici, però, Iuliano ha affermato di aver raccolto anche alcune confidenze a microfono spento dal papà di Denis a proposito di suo figlio «minacciato dalla ‘ndrangheta» e coinvolto suo malgrado in un giro di calcioscommesse dal quale voleva allontanarsi. In quella circostanza, Domizio gli avrebbe parlato anche di presunte ingerenze criminali dietro l’aborto affrontato dall’allora diciottenne Internò nel 1987. Per il resto, il testimone ha parlato di fatti e circostanze apprese in base a «voci che circolavano nell’ambiente calcistico» o mutuate direttamente dal libro di Carlo Petrini edito nel 2000. Ne è venuto fuori un carico di ipotesi e valutazioni peraltro già messe nero su bianco nel 2019 davanti a Eugenio Facciolla. Buona parte del discorso è ruotata attorno alla figura dell’ex calciatore Michele Padovano, verso il quale Iuliano ha riconosciuto di provare sentimenti di «rancore» per fatti collegati a vicende personali di suo figlio. Si tratta di una vecchia diatriba che ha visto più volte il papà di Mark tuonare a mezzo social contro l’ex attaccante anche lui con trascorsi in azzurro e bianconero. In un’occasione Padovano lo ha querelato per diffamazione e, a tal proposito, il pubblico ministero ha presentato la sentenza della Cassazione che annulla l’assoluzione di Iuliano e trasferisce la querelle in sede civile.
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Processo Bergamini, l’interrogatorio del proprietario del cinema Garden
Prima di lui, a prendere posto sulla scomoda sedia è stato Roberto D’Ippolito, proprietario insieme ai suoi fratelli del cinema “Garden” di Rende, il posto da cui nel giorno fatidico, Bergamini uscì per recarsi a Roseto Capo Spulico, località in cui troverà poi la morte. Nell’ottobre del 2012, D’Ippolito rilasciò dichiarazioni molto dettagliate al nostro giornalista Marco Cribari, a quel tempo cronista del quotidiano “Calabria Ora”. In quella circostanza, D’Ippolito riferì di essere stato presente nella hall del cinema il 18 novembre del 1989, di aver visto Bergamini uscire dalla sala per due volte e fare altrettante telefonate dalla cabina a muro ubicata di fianco alla cassa. Di aver poi notato l’arrivo del mister Luigi Simoni che entrò nella galleria dove erano riuniti i suoi calciatori e che, dopo pochi minuti, quando ebbe inizio la proiezione del film, se ne andò a bordo della sua auto in precedenza lasciata in doppia fila e col motore acceso fuori dal “Garden”.
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Non appena Simoni ripartì, Bergamini uscì dal cinema dicendo alla maschera «Torno subito». Stralci delle sue affermazioni sono stati pubblicati anche nel 2017 e poi nel 2021 sul “Quotidiano del sud”. La Procura, però, immagina che quel giorno Bergamini non abbia effettuato alcuna telefonata dal cinema. Il teorema d'accusa contro la Internò passa anche da qui. Chiamato in aula a testimoniare, l’uomo ha confermato di essere stato presente sul posto quel giorno di novembre, ma di ricordare solo «vagamente» ciò che accadde. Ha precisato di non essere mai stato sentito dagli investigatori e di non rammentare nulla a proposito della conversazione avuta con il giornalista né dei particolari a lui riferiti. «Non ero un appassionato di calcio – ha aggiunto – e non conoscevo i calciatori del Cosenza».