La Suprema Corte annulla con rinvio la decisione del Tribunale di Vibo quale giudice dell’esecuzione. Le imprese avrebbero pagato, attraverso i subappalti, una tangente da un miliardo di lire al clan Mancuso quale “tassa ambientale”
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La prima sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del 3 maggio scorso del Tribunale di Vibo Valentia – in funzione di giudice dell’esecuzione – relativa al rigetto della richiesta di Giuseppe Prestanicola, 71 anni, di Soriano Calabro, diretta a far valere l’esistenza di una pluralità di sentenze irrevocabili pronunciate in relazione ai medesimi fatti.
Da ultimo, Giuseppe Prestanicola è stato condannato nel dicembre 2018 a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa (clan Mancuso) ed estorsione aggravata dalle modalità mafiose nell’ambito dell’operazione antimafia “Autostrada” sulle infiltrazioni mafiose nei lavori autostradali nel tratto ricompreso fra gli svincoli di Lamezia Terme e Gioia Tauro, con particolare riferimento al tratto ricadente in provincia di Vibo Valentia.
Con altre due sentenze – una del 2015 del tribunale di Vibo ed una del gip di Reggio Calabria del 2009 – Giuseppe Prestanicola è stato però assolto dal reato di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso e dal delitto di estorsione aggravata dalle finalità mafiose.
Per la Cassazione, il Tribunale di Vibo quale giudice dell’esecuzione ha escluso l’identità del fatto in ragione del rilievo di una parziale eterogeneità della composizione soggettiva delle associazioni criminose di cui il ricorrente fece parte, riportando poi le plurime condanne. Ha quindi aggiunto che i gruppi associativi diversi devono essere considerati quali articolazioni criminali, distinte e autonome, operanti in un contesto spazio-temporale contiguo.
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