«Me l’aspettavo, sono felice. Un po’ di giustizia dopo tanti anni… Sedici anni… Sono felice». Poche parole, corrugate dall’emozione, ma liberatorie. Michele Tramontana le pronuncia davanti al vecchio Tribunale di Vibo Valentia, pochi minuti dopo la lettura della sentenza che conclude un processo da record: sedici anni solo per celebrare il processo di primo grado. È il collegio giudicante presieduto dal giudice Gianfranco Grillone (a latere Luca Bertola e Rossella Marturano) a pronunciarla, dopo un continuo turn over di magistrati lungo tre lustri accidentati da rinvii, smarrimento e distruzione di fascicoli, assenze e schermaglie processuali.

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Due condanne (per Raffele Lentini e Roberto Cuturello, rispettivamente a 3 e 4 anni di reclusione, oltre pene accessorie) su quattro richieste dall’accusa, quattro assoluzioni (per Michele Marturano, Giorgio Galiano, Raffaele Gallizzi e Pantaleone Rizzo). Malgrado le pene comminate siano state più miti rispetto a quelle richieste dalla Procura di Vibo Valentia rappresentata dal pm Eugenia Belmonte, per il testimone di giustizia Michele Tramontana, artigiano del legno la cui vita è stata distrutta dagli usurai è comunque un successo processuale che ne certifica la credibilità. Regge, in particolare, l’aggravante mafiosa alle principali contestazioni, salvate, diversamente da altre, dalla tagliola della prescrizione.

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«Oggi è un giorno molto importante per Michele Tramontana – spiega l’avvocato Rosario Scognamiglio, che assiste il testimone di giustizia – Oggi si celebra la vittoria dello Stato sul suo dramma umano». Tardiva, forse, ma è arrivata, lascia intendere il penalista che ringrazia i magistrati di Vibo Valentia i quali, dice, hanno dato onore ai sedici anni di attesa del suo assistito, costituitosi parte civile nel processo. L’avvocato Scognamiglio che è anche consulente storico della Commissione parlamentare antimafia, annuncia che chiederà che la bicamerale d’inchiesta di recente ricostituzione possa acquisire l’intero fascicolo processuale: «Bisogna capire come sia stato possibile che per un procedimento di questa natura possano trascorrere quattordici, quindici anni, affinché una cosa del genere non si ripeta».

Michele Tramontana, artigiano del legno italo-argentino che viveva a Rombiolo, nome in codice Geppetto per gli agenti della Squadra mobile di Vibo Valentia che con l’operazione Pinocchio lo liberarono, nel remoto 2007, dalla morsa degli strozzini, da allora vive sotto scorta. Scampato ad un attentato, destinatario di altri messaggi sinistri, s’è rifatto nel frattempo una vita, scortato dal Servizio centrale di Protezione, grazie all’appoggio dello Stato ma soprattutto al suo talento e alla sua capacità imprenditoriale. La tagliola della prescrizione resta in agguato in vista dei successivi gradi di giudizio, ma la sua storia – spiega Giuseppe Borrello, referente regionale di Libera - «non deve scoraggiare, ma essere da modello per tanti altri imprenditori che finiscono nella morsa del racket e dell’usura, perché la giustizia a volte è lenta, lentissima come in questo caso, ma comunque arriva. E comunque, le cose, molte cose, stanno cambiando. Il significato di questa sentenza – aggiunge – lo dimostra».

Borrello, dal canto suo, incarna una società civile antimafia che rifugge dalla mera testimonianza convegnistica e di piazza, ma che invece affianca, passo dopo passo, le vittime in un percorso sempre doloroso, ma che diventa esemplare e di riscatto nel momento in cui «chi subisce la violenza della ‘ndrangheta capisce di non essere più solo».

Oltre Borrello, in aula, stamani, era presente anche monsignor Peppino Fiorillo, che alimentò l’attività di libera a Vibo Valentia proprio negli anni in cui Tramontana seguì l’esempio di altri imprenditori e commercianti ribelli, come Nello Ruello. «Siamo stati presenti oggi, come nelle udienze di questo processo – chiosa Borrello –. Oggi è un giorno importante, perché celebriamo il trentunesimo anniversario della Strage di via d’Amelio e, grazie a questa sentenza, anche a Vibo Valentia, come diceva Paolo Borsellino, respiriamo il fresco profumo di libertà».