Il testimone di giustizia vibonese: «Non servono passarelle e convegni se poi non si dà un segno tangibile del proprio impegno antimafia». Nei giorni scorsi le lettere alle città che gli avevano conferito la cittadinanza onoraria: «Nessuna risposta, sto riflettendo sull'opportunità di restituire il riconoscimento»
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«Nonostante la visibilità che gli organi di stampa hanno dato al mio recente comunicato e anche alle dichiarazioni dei politici e delle associazioni che si sono succedute nei giorni precedenti, ancora oggi tutto tace. Tutto è identico a quando ho reso pubblica la notifica dell’atto finalizzato alla revoca della scorta». La denuncia è di Pino Masciari, il testimone di giustizia le cui dichiarazioni hanno consentito alla magistratura di condannare importanti esponenti della ‘ndrangheta, a cui è stata revocata la scorta.
«Ho inviato - spiega - una lettera alle città che mi hanno conferito la cittadinanza chiedendo aiuto per la situazione che sto vivendo (la revoca della scorta da parte del Ministero dell’Interno), ma tante amministrazioni ancora oggi non hanno dato nessun cenno di risposta alla mia missiva. Il loro silenzio mi sta facendo riflettere sulle opportunità di restituire la stessa cittadinanza alle città che continuano ad ignorare la richiesta di sostegno di un loro concittadino».
Secondo Masciari, «non servono le passerelle, le giornate commemorative, i convegni, se poi all’atto concreto non si sanno intraprendere azioni chiare che diano il segno tangibile del proprio impegno nell’antimafia. Stessa cosa - aggiunge - devo dire per quanto riguarda le istituzioni calabresi, a parte la telefonata del presidente del Consiglio comunale di Catanzaro ricevuta mercoledì, nessuno si è più fatto sentire. Solo singoli esponenti politici mi hanno espresso il loro sostegno facendo appello a chi è nella possibilità di intervenire».
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Per il resto, sottolinea, «come sempre da 25 anni, la Calabria tace. Ma tacere e non prendere posizione - osserva - non esonera dalla proprie responsabilità, anzi: in qualche modo rende complici. Il silenzio, anche quello delle persone oneste, finisce per colludere con la ‘ndrangheta. Serve - rimarca- un risveglio delle coscienze, tutti e ciascuno dovrebbero sentire l’urgenza di prendere posizione e scegliere se agire favorendo o contrastando l’antistato. Lo ripeterò all'infinito: la mia battaglia non è questione privata, ma la rivendicazione di un diritto di tutti: poter denunciare, opponendosi alla ‘ndrangheta, con la certezza della protezione da parte dello Stato! Certezza: perché lo Stato non può e non deve agire con la stessa ambiguità della malavita».
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