VIDEO | Anche quest’anno i calabresi stanno trascorrendo le festività pasquali a casa per via delle misure anti-Covid. Niente pranzi in compagnia o gite fuori porta: «Rispetteremo le regole ma iniziano a pesare»
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Stanchi delle restrizioni ma con poca voglia di festeggiare. I calabresi stanno vivendo così le festività pasquali, stretti tra le misure anti-Covid da zona rossa e la paura di non riuscire ancora a scorgere la fine dell’emergenza sanitaria. E anche quest’anno, il giorno di Pasquetta non sarà dedicato, come da tradizione, alle gite fuori porta e ai lauti pranzi in compagnia.
Tutti a casa
«Staremo a casa» ci dicono tutti quelli che incontriamo in centro a Crotone, ma gli stati d’animo sono diversi. «Io lavoro in smartworking anche a Pasquetta, ma comunque viste le restrizioni non mi sarei mossa. Credo che ogni cittadino debba impegnarsi a rispettare le regole, siamo stanchi ma dobbiamo essere forti e pazienti» ci dice una donna.
«Non andremo da nessuna parte, ma è anche l’atmosfera del cuore che ce lo suggerisce. Non avremmo comunque voglia di uscire, fare festa» aggiunge un’altra signora. Insieme al marito gestisce un ristorante: «Avrei preferito lavorare, come sempre, ma non ce lo consentono. Non ci resta che stare in famiglia» dice lui.
I più giovani avrebbero preferito le scampagnate con gli amici: «Senza la pandemia, avremmo organizzato la solita grigliata, magari all’aperto. Ci accontentiamo di stare a casa con i genitori» dicono alcuni ragazzi.
Provati da un anno di restrizioni
Le restrizioni, però, per quanto necessarie iniziano a pesare: «Dopo un anno, ci saremmo aspettati una situazione diversa. Queste misure servono a poco, bisogna vaccinare seriamente per uscire da questa emergenza» osserva un giovane. Anche un altro ragazzo si dice stanco delle limitazioni «ma dobbiamo rispettarle assolutamente, perché il virus c’è ancora e si vede».
Una donna cammina insieme al marito: «Io sono fortunata, ho i miei figli che vivono con me e i genitori vicini, ma c’è chi non potrà ricongiungersi con i propri cari e lo trovo davvero triste». Lui ha perso il lavoro ed è disoccupato: «In questa città già non c’erano possibilità, ora siamo proprio in ginocchio. E poi queste attività chiuse, altre aperte, parlano di beni essenziali, ma portare il pane a casa per la propria famiglia non è essenziale?»