Era il 21 settembre 2012 quando la 21enne Madalina Pavlov veniva trovata senza vita in via Buozzi a Reggio Calabria, ai piedi di un palazzo nel quale la ragazza apparentemente non conosceva nessuno. Una caduta che non ha dato scampo alla giovane romena, arrivata in Italia fin da bambina.

 

Una ragazza solare, che lavorava in pizzeria, dedita al volontariato e che la mattina di quel giorno aveva annunciato alla madre di aver preso la patente. Nessuno crede al suicidio, si indaga per istigazione al suicidio. Dopo 8 anni di depistaggi e bugie le indagini sono ancora ferme. La madre di Madalina, Gabriella Cutulencu, è tornata dalla Romania per qualche giorno, avrebbe voluto incontrare il pm titolare delle indagini, ma tutto è bloccato anche per l’emergenza covid.

 

«Il mio cuore sarà sempre per tutta la mia vita a Reggio Calabria – afferma – perché dopo 26 anni non doveva succedere una cosa del genere, è inaccettabile. Ho lavorato onestamente, amata e rispettata da tutti. Ma qualcuno mi ha fatto capire che non era così». Il riferimento è al fatto che la donna da tempo viveva nella città dello Stretto insieme ai suoi figli che erano ormai come figli della città stessa.

 

Oltre alle indagini della Procura, l’unica speranza è rappresentata dal fatto che qualcuno, nonostante tutti questi anni, racconti anche in forma anonima cosa è accaduto quella sera di otto anni fa.

 

«Chi ha conosciuto mia figlia deve mettersi le mani sul cuore e dire la verità perché è inutile che si nascondano dietro le tende. È successo in quel palazzo (via Buozzi, nds), e poi l’hanno buttata giù. Io da quel palazzo voglio che esca la verità. E non mollo, continuerò ad andare avanti con questa idea. In mezzo agli amici di Reggio Calabria c’è qualcuno che sa e deve parlare».