Sei posti nel reparto di Malattie infettive tutti occupati. Come gli ulteriori dieci ricavati in Ortopedia, di fatto, ormai, totalmente riconvertita in reparto Covid. Appena sedici pazienti ospedalizzati, quindi, su poco più di duecento infetti in provincia, rendono già saturo lo Jazzolino di Vibo Valentia. Non ci sono altri posti. Il primario Michele Brogna, sette medici, dieci infermieri: gli eroi sono loro, che si alternano in turni massacranti. Sono attesi rinforzi: un paio di medici sono in arrivo come pure un altro paio di infermieri, ma non bastano.

Il personale si fa in quattro ed in silenzio, e mastica amaro. L’Azienda sanitaria avrebbe chiesto la disponibilità soprattutto di infermieri: c’è da dare una mano ai colleghi che fanno la spola tra Malattie infettive e l’Ortopedia riconvertita. Ma c’è gente, anche con vent’anni d’esperienza, che malgrado richiami e ordini di servizio si tirerebbe indietro. La situazione è pesante.

 

Lo sa bene Pino Marasco che parla non nella veste di infermiere (di Malattie infettive) ma di sindaco: «Ieri - dice - sono stato costretto ad interrompere una riunione di giunta e a rientrare in servizio perché i colleghi non ce la facevano». Si alternano in doppi turni: un camice bianco o una divisa azzurra, nei Reparti Covid dello Jazzolino, lavorano ognuno per due o per tre. I numeri non sono quelli degli ospedali del Nord Italia il cui collasso è documentato quotidianamente urbi ed orbi dai notiziari, la proporzione però è la stessa e spiega perché la Calabria - pur con un numero decisamente inferiore di contagi - sia diventata zona rossa.

 

«Bisognava attivare per tempo nuovi posti letto, quelli disponibili sono già tutti occupati. Ma anche se fossero attivati non c’è personale». Niente posti, risorse umane insufficienti. Ecco cosa ha prodotto la disorganizzazione sanitaria in Calabria, quella della quale l’ex commissario alla Sanità Saverio Cotticelli - il quale scopre davanti al giornalista di Titolo V, Walter Molino, che avrebbe dovuto essere lui a varare il Programma operativo Covid - è divenuto l’emblema.

 

In Calabria mancano le Usca, ovvero le unità di continuità assistenziale, quelle per intenderci che dovrebbero occuparsi dei tamponi a domicilio e che assistono i pazienti in isolamento a casa. Marasco era stato, nel corso della prima ondata di inverno-primavera scorsi, un po’ l’Usca di Nicotera: faceva i tamponi nel suo paese, prestava assistenza ai domiciliati. Ora, invece, la sua giornata è a tappe forzate: quando può assolve gli oneri della carica istituzionale, il più grande sforzo diventa necessariamente quello che gli impone la trincea ospedaliera.

 

Bisognava prevedere la seconda ondata e prepararsi per tempo a ciò che sarebbe accaduto. Ma non è stato fatto. Così ora si attende l’attivazione della macchina in grado di processare i tamponi del territorio, che finora hanno atteso addirittura una settimana a Catanzaro prima di essere analizzati.

 

E la storia di un anziano spirato in casa dopo tre giorni di febbre, problemi respiratori e diarrea diventa la metafora di tutto questo. Dodici ore prima di morire aveva fatto il tampone. È spirato senza che nessuno dei suoi cari potesse avvicinarsi. È stato tumulato senza che potesse avere un funerale. E il risultato del test biomolecolare, dopo quasi una settimana, è ancora ignoto.

 

A Vibo Valentia si guarda anche all’attivazione della Terapia intensiva Covid. Ma lo scoglio da superare, al di là della logistica, è lo stesso. «Entro quindici venti giorni saremmo nelle condizioni di attivare dai sei agli otto posti - spiega il commissario dell’Asp di Vibo Valentia Giuseppe Giuliano - Abbiamo però un problema di personale che, per le linee guida del personale, è tanto. Su otto posti di Terapia intensiva sono richiesti almeno dodici anestesisti, mentre noi ne abbiamo solo undici e per tutto il territorio. Undici e sono già insufficienti…».

 

Per il momento si tiene botta, malgrado la saturazione dei posti Covid disponibili e la grave carenza di forze sanitarie. Si spera che la curva dei contagi nei prossimi giorni possa rientrare. Perché se ciò non dovesse accadere il collasso qui potrebbe avere effetti devastanti.