TERRAMARA | La stoica resistenza del dirigente di fronte a pressioni e minacce di clan e politica

Taurianova, l’ex sindaco Romeo pronto a tutto per sbloccare l’affare delle energie rinnovabili d'interesse delle cosche. Ma l’architetto si mise di traverso. Spuntano i viaggi all’assessorato regionale e gli intrecci con l'ex latitante Fazzalari
di Consolato Minniti
13 dicembre 2017
12:36

C’è anche qualcuno che resiste nel contesto di Taurianova, dove l’inchiesta “Terramara Closed” ha dimostrato lo strapotere delle cosche locali. È uno di quelli che spesso vengono definiti burocrati. Un tecnico comunale che, però, questa volta, si è messo di traverso in modo positivo, scompaginando i piani dell’e dei clan Maio-Cianci-Hanoman e Zagari-Fazzalari interessati ad infiltrarsi nel lucroso settore delle energie rinnovabili. «Per il raggiungimento dell’obiettivo – scrive il gip nell’ordinanza – sono stati interessati diversi componenti dell’amministrazione guidata dal sindaco Domenico Romeo, ben consapevoli, come il vertice dell’amministrazione, di agire nell’interesse della ‘ndrangheta».

Le accuse a Romeo e soci

Devono rispondere di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, l’ex sindaco Domenico Romeo, suo fratello Antonio Romeo, e Domenico e Antonio Rettura, rispettivamente, gestore di fatto delle società Agrienergia e Agripower e amministratore unico della società Agrienergia. Un reato tentato, solo per il netto rifiuto opposto dal dirigente comunale. Romeo e gli altri indagati, infatti, secondo quanto ipotizzato dalla Dda guidata da Gaetano Paci, avrebbero minacciato tanto implicitamente quanto esplicitamente il dirigente, tramite atti intimidatori, addirittura incendiando (o facendo incendiare) la sua auto e prospettandogli un possibile danno erariale a suo carico, se non si fosse piegato alle loro indicazioni. La volontà era quella di costringerlo ad esprimere parere favorevole al rilascio di concessioni edilizie in favore delle società Agripower e Agrienergia per l’installazione di serre agricole e impianti fotovoltaici.


I viaggi alla Regione

Romeo, in cambio del sostegno elettorale, stringe accordi con il sodalizio mafioso dei Fazzalari-Zagari, molto interessato al settore del fotovoltaico. E per dare seguito a tali patti, non esita a usare tutte le tecniche possibili, compresa quella di convocare il dirigente fuori sede. Dove? All’assessorato regionale all’Urbanistica. Siamo nella metà del mese di novembre del 2011. Il tecnico si reca a Catanzaro assieme al sindaco per incontrare il dirigente dell’Assessorato regionale, proprio per individuare una soluzione che possa favorire il rilascio delle autorizzazioni. Ma, come raccontato dallo stesso tecnico del Comune della Piana «il dirigente non era riuscito a trovare delle argomentazioni valide per farmi cambiare idea, perché ero riuscito a dimostrare la correttezza e la legittimità della mia impostazione». Non pago di questo primo incontro, il sindaco ne organizza un secondo, sempre a Catanzaro. Questa volta sono presenti anche il direttore generale dell’assessorato, il titolare della Agrienergia, Rettura e un architetto che aveva curato la fase progettuale dell’ampliamento della struttura dell’impresa. Singolare la presenza proprio di Rettura, ossia del soggetto imprenditoriale che avrebbe dovuto beneficiare dell’eventuale autorizzazione.

 

Si susseguono, dunque, le richieste al tecnico di procedere con l’autorizzazione, anche grazie ad alcuni pareri giunti da Catanzaro che esprimono parere favorevole all’edificabilità nelle zone agricole che, però, ad avviso del dirigente comunale è illegittima. Succede, quindi che all’uomo giunge una diffida ad adempiere, pena il risarcimento di tutti i danni di natura economica delle imprese. Poco dopo ecco la mossa decisiva: la nomina nello staff speciale del sindaco di Filippo Romeo. Scelta caldeggiata anche dai familiari Antonio e Giovanni Romeo. L’obiettivo è mettere all’angolo quel burocrate così fastidioso.

L’ammissione dell’ex sindaco

Domenico Romeo finalmente si decide a vuotare il sacco. Perché quell’interesse così evidente verso l’affare? A spiegarlo è lo stesso dirigente inflessibile: «Il giorno precedente la discussione dell’istanza della sospensiva, il sindaco mi aveva convocato nel suo ufficio per discutere della vicenda. A quell’incontro era presente anche suo fratello, Antonio Romeo, ed in quella circostanza il sindaco mi aveva detto esplicitamente che prima delle elezioni aveva preso accordi con i due proprietari delle imprese agricole, impegnandosi a concedere le autorizzazioni necessarie alla realizzazione dei lavori, pertanto mi chiedeva di risolvere la vicenda senza ricorrere alla giustizia amministrativa».

Si arriva quindi alla seduta straordinaria del consiglio comunale convocato ad hoc, il 30 novembre 2012, durante il quale viene adottato un atto di indirizzo politico, con cui sono impartite all’architetto “ribelle” le linee d’intervento limitatamente alla realizzazione di serre in zone agricole. Ma di chi sono quei terreni, di chi le società e quali gli interessi in gioco?

Le terre strappate ai marchesi De Riso

Tutto parte dalle proprietà dei marchesi De Riso. È sui suoi terreni che le cosche mettono gli occhi per realizzare l’affare delle rinnovabili. L’attività investigativa ha messo in evidenza come le compravendite dei fondi del feudo De Riso, siano sempre state gestite nell’interesse di Salvatore Fazzalari, Ernesto Fazzalari, Carmelo Zagari, assieme ad esponenti della famiglia Ascone, nonché Domenico e Antonio Rettura. C’è quindi una convergenza di interessi delle cosche Maio-Cianci-Hanoman e Zagari-Fazzalari sulle aziende Agripower e Agrienergia. Interessi sostanziati da appurati legami parentali e di frequentazione fra le famiglie Rettura-Ascone con esponenti delle cosche di San Martino. Il prezzo versato per l’acquisto dei terreni, da parte dei cugini Rettura, per la realizzazione degli impianti è decisamente inferiore non solo rispetto al loro valore di mercato, ma anche rispetto alle compravendite di altre particelle dei marchesi De Riso. «Il tutto fu possibile – scrive il gip in un territorio quale quello di Amato di Taurianova, ove è asfissiante il controllo della cosca Zagari-Fazzalari sulle intermediazioni immobiliari, solo perché quei terreni sarebbero stati poi sfruttati dalle stesse cosche per l’investimento nel settore fotovoltaico». Ed a conferma dell’interesse dei clan c’è quell’espressione del 26 maggio 2012, in cui Salvatore Fazzalari, illustrando le difficoltà avute per far decollare il progetto, spiega che quell’interesse era comune ad un insieme di persone: «Sono tutti là». Tutti tranne uno. Quello stoico dirigente in grado di bloccare un affare enorme. Ma chi sono davvero i Rettura?

L’appoggio al latitante Fazzalari

La risposta arriva da un’altra ordinanza di custodia cautelare. Una delle quattro eseguite ieri. Come sappiamo, nel capo d’imputazione relativo alla Agripower ed alla Agrienergia, compaiono tanto Domenico Rettura classe ’66, quanto Domenico classe ’72, insieme ad Antonio Rettura. Come abbiamo Antonio è indicato quale amministratore unico della società Agrienergia, mentre Domenico è il gestore di fatto di entrambe le società.

Ebbene, nell’ordinanza eseguita dagli uomini dell’Arma dei carabinieri, invece, emerge come Domenico Rettura, classe ’72, sia ritenuto il braccio destro di Ernesto Fazzalari, il latitante rimasto alla macchia per decenni ed arrestato solo di recente. Fu lui, secondo l’accusa, a dare ausilio a Fazzalari, a mettere a disposizione quanto necessario per la latitanza, a coordinare la cerchia di sodali, a procurare appuntamenti, ad assicurare le comunicazioni verbali con altri soggetti di vertice del clan. Sempre lui, dopo la cattura di Fazzalari, prese parte ad un summit in contrada Scinà di Palmi, per discutere delle strategie operative della cosca, rimasta priva del punto di riferimento e per analizzare eventuali errori commessi. Anche Antonio Rettura viene indicato come partecipe dell’associazione, con il ruolo di coadiuvare il fratello Domenico, negli spostamenti per fare visita al latitante. Così come emerge anche la figura di Domenico Rettura, classe ’66, accusato invece di procurata inosservanza di pena. Ecco, quindi, che le indagini sulla filiera di fiancheggiatori dell’ex latitante Fazzalari, dimostrano chiaramente come l’affare delle rinnovabili s’intrecci con le dinamiche interne al clan.

Consolato Minniti

Giornalista
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