VIDEO | Nel corso dell'interrogatorio di convalida del fermo ha negato di aver agito con premeditazione e di essere stato intimorito dalla vittima. Versione che però non convince la Procura di Vibo
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Stando sempre a quanto trapela dall’interrogatorio di garanzia, Olivieri inoltre, avrebbe dichiarato di vivere in questo presunto stato di timore per la sua incolumità dall’11 maggio scorso giorno in cui il fratello, Francesco Olivieri, alias “Ciko” ha ucciso a Nicotera Giuseppina Mollese e Michele Valerioti e ha tentato di uccidere in un bar Vincenzo Timpano, fratello di Francesco; all’interno dell’esercizio commerciale si trovava anche un terzo fratello Timpano, Pantaleone. Ciko Olivieri ha sparato due fucilate poi si è dato alla fuga e si consegnato ai Carabinieri qualche giorno dopo. Per come ricostruito dalla Porcura di Vibo, e secondo anche quanto dichiarato dallo stesso Francesco Olivieri, il delitto della Mollese e di Valerioti è stato perpetrato per vendicare l’assassinio del fratello Mario Olivieri, avvenuto nel 1997 e per cui gli Olivieri erano convinti fosse stato ordinato proprio dalla Mollese, come “risposta” all’omicidio precedente del figlio Ignazio Gaglianò. È qui che ha origine la spirale di violenza che negli ultimi mesi ha insanguinato Nicotera e dintorni. Giuseppe Olivieri ha dichiarato che da quell’11 maggio ci sarebbero stati alcuni episodi, avvenuti con la vittima, che gli hanno generato paura per la propria vita. Secondo la tesi accusatoria, invece, Olivieri da tempo monitorava gli spostamenti di Francesco Timpano. È stato il figlio della vittima infatti, ad aver dichiarato agli inquirenti di aver notato “strani movimenti sotto casa”, circostanza confermatagli anche dal congiunto. Ed è per questo che per la Procura di Vibo la vittima dell’omicidio al lido “Il gabbiano” di Nicotera Marina, fosse già nel mirino del suo killer. Adesso il gip dovrà decidere se convalidare, o meno, il fermo emesso dalla Procura, ed emettere contestualmente l’ordinanza di custodia cautelare a suo carico. Le indagini della Procura e dell’Arma sul delitto Timpano però continuano, anche per stabilire la rete dei fiancheggiatori che ha permesso a Giuseppe Olivieri di darsi alla macchia per una settimana. L’indagato, durante l’interrogatorio di garanzia, ha dichiarato di non essere stato aiutato da nessuno, di essersi nascosto - per paura di essere ucciso - nelle campagne cercando di “cavarsela” in qualche modo fino a quando però, ha deciso di arrendersi. Dichiarazioni anche queste che non convincono per nulla gli inquirenti.
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