Omicidio Pangallo, l'accusato: «Volevo solo dargli una lezione»

Il rosarnese è stato interrogato dal gip del tribunale di Palmi e ha ammesso di avere pestato la vittima per la relazione che aveva con sua moglie

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di Francesco Altomonte
2 luglio 2019
19:29
Il luogo dell’omicidio
Il luogo dell’omicidio

Non poteva accettare che sua moglie avesse una relazione con quell’uomo e voleva fargliela pagare. Non aveva intenzione di ucciderlo, però, ma avrebbe avuto la sensazione che il suo avversario fosse armato e perciò ha continuato a pestarlo. Così Giuseppe Cacciola, accusato dell’omicidio di Domenico Pangallo, si è difeso nell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palmi. Il rosarnese si è difeso, quindi, sostenendo di non avere progettato l’omicidio. Al contrario, quando si è accorto che Pangallo non reagiva avrebbe cercato di rianimarlo. Preso dal panico, avrebbe gettato il corpo a pochi metri dalla sua abitazione, dove si è consumato l’omicidio, e dove è stato trovato la notte del 26 giugno scorso.

 


La procura di Palmi ha chiesto la convalida del fermo e l’arresto in carcere per Cacciola. Il 33enne, secondo quanto si è appreso, oltre all’omicidio risponde anche di violenza sessuale e maltrattamenti. Accuse formalizzate dall’ufficio diretto dal procuratore Ottavio Sferlazza in virtù delle dichiarazioni rese dalla moglie di Cacciola ai carabinieri e al pubblico ministero.

 

Secondo la ricostruzione operata dai carabinieri del Gruppo Gioia Tauro, la sera del 26 giugno Pangallo era stato indotto, con l’inganno, a recarsi a San Ferdinando nella casa dei Cacciola. Il rosarnese aveva scoperto la relazione extraconiugale che la moglie avrebbe intrattenuto con Pangallo e avrebbe deciso di fargliela pagare. Appena entrato all’interno dell’abitazione, il 58enne di Roccaforte del Greco, detto “Mico bicicletta”, era stato ripetutamente percosso con schiaffi e calci al volto ed ai fianchi da Giuseppe Cacciola per poi essere trascinato fuori esanime, proprio a pochi metri dall’ingresso dell’abitazione dell’indagato e della consorte.

 

Cacciola, dopo il delitto, si era reso irreperibile alle ricerche dei Carabinieri Gruppo di Gioia Tauro e dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria di Vibo Valentia, fino a sabato pomeriggio quando ha deciso di costituirsi alla tenenza di Rosarno.

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