VIDEO | La sorella di Davide e Massimiliano, gli operai originari di San Gregorio d'Ippona uccisi in Sardegna, racconta il suo ritorno in paese e rinnova il suo appello: «Diteci qualcosa in più»
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«Il ritorno in Calabria per me non significa alcuna vacanza e sarà così per il resto della vita». Scandisce le parole Eleonora Mirabello, sorella di Davide e Massimiliano – gli operai di san Gregorio d’Ippona uccisi l’inverno scarso in Sardegna – tornata nel paese natio per l’estate con una sete di giustizia se è possibile più forte.
«Trascorro le mie giornate tra il cimitero e lo studio dell'avvocato Sorbilli», prosegue aprendo un voluminoso raccoglitore di carte che conserva anche le foto da lei scattate in una sorta di personalissima indagine nei luoghi del caso. Per il duplice omicidio le indagini non sono ancora chiuse, sono ancora in carcere Manuel e Joselito Marras – padre e figlio, pastori e vicini di terreno dei Mirabello – che secondo quanto risulta agli investigatori avrebbero agito nel quadro di datati dissidi.
«A sapere quello che da tempo i miei fratelli stavano passando – prosegue Eleonora – gli avrei detto di lasciare la Sardegna, anzi sarei andata io a stessa a portarli via». Anche in estate, e senza vacanza, la donna rinnova il suo appello agli inquirenti. «Diteci qualcosa in più – chiarisce – perché noi siamo convinti che, in un paese in cui né il sindaco né il parroco si sono sentiti di starci vicini, ci sono altri complici di un fatto di sangue, compresa la scomparsa dei cadaveri durata 3 mesi, che non può essere stato messo in atto da una sola persona e in così poco tempo».
Nel piccolo camposanto del paese alle porte di Vibo Valentia il monumento funebre dei due fratelli deve essere ancora completato, i loro nomi sono scritti sul cemento in attesa di apporre i marmi. «Almeno abbiamo delle bare su cui piangere – conclude Eleonora – ma assieme alle mie sorelle continuiamo a sentirci strappati di una radice, dopo una vita familiare in cui tante sono state le sofferenze che ci hanno uniti».
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