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Concorso nell’omicidio a colpi d’arma da fuoco di Michele Franzè, 69 anni, ucciso il 9 gennaio 2014 nella sua abitazione rurale sita in contrada Salice nel comune di Galatro, nel Reggino. Questa l’accusa per la quale sono stati tratti in arresto Daniele e Giuseppe Matalone, rispettivamente di 27 e 30 anni, entrambi di Monsoreto di Dinami, nel Vibonese. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip del Tribunale di Palmi e ad eseguirla sono stati i carabinieri del Norm della Compagnia di Gioia Tauro, con il coordinamento della Procura di Palmi, che hanno ricostruito la dinamica dell’evento delittuoso raccogliendo elementi gravemente indizianti a carico dei fratelli Daniele e Giuseppe Matalone , figli di Filomena Sirgiovanni, 51 anni, donna legata da una relazione sentimentale con la vittima.
Nei confronti dei due fratelli il gip ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza e fondate quindi le esigenze cautelari alla base del provvedimento in carcere emesso nei loro confronti. Oltre al concorso in omicidio, aggravato dalla premeditazione, vengono contestati pure i reati di detenzione e porto illegale di arma da fuoco in concorso.
Il movente dell’omicidio. Le indagini, che si sono avvalse di una cospicua attività di intercettazione telefonica ed ambientale integrata dalle numerose escussioni testimoniali, hanno permesso di accertare, quale movente del delitto, l’esistenza di dissidi privati ed economici tra gli indagati e la vittima, dissidi acuitisi nel periodo antecedente all’omicidio e legati anche alla scelta di Franzè di non elargire più denaro in favore del nucleo familiare della donna.
Le indagini. Nel corso delle investigazioni sono state raccolte numerose fonti di prova che hanno consentito innanzitutto di collocare i due indagati nel luogo dell’omicidio in un arco temporale compatibile con l’ora di commissione del delitto. L’attenta analisi delle dichiarazioni rese dai testimoni incrociate con il contenuto delle intercettazioni hanno permesso di smascherare – ad avviso degli inquirenti e del gip - il piano elaborato dagli indagati e finalizzato a costruirsi falsi alibi che potessero di volta in volta giustificare gli indizi emersi nei loro confronti. Ciò è accaduto, in un primo momento, allorquando i fratelli Matalone avrebbero tentato di giustificare le tracce di polvere da sparo, rinvenute sui loro indumenti poco dopo l’omicidio, con il fatto di essersi recati il giorno prima ad una battuta di caccia, circostanza, questa, non riscontrata dagli investigatori che invece sono riusciti a dimostrarne l’infondatezza.
Poi, in un secondo momento, quando Daniele Matalone (nella seconda foto), per confutare l’ipotesi investigativa secondo cui i colpi di arma da fuoco diretti verso Michele Franzè potevano aver investito anche il killer o i killer che avevano imbracciato l’arma del delitto, per giustificare una ferita rilevata sulla sua fronte nell’immediatezza dei fatti, riferiva di essersela procurata a seguito di un incidente sul lavoro occorsogli il giorno precedente all’omicidio. Anche in questo caso le indagini avrebbero consentito di dimostrare che quanto dichiarato da Matalone non corrispondesse al vero.
Gli arrestati, al termine delle formalità di rito, sono stati tradotti nel carcere di Vibo Valentia su disposizione dell’autorità giudiziaria competente, in attesa di essere sottoposti all’interrogatorio di garanzia.