Quattro condanne, di cui due all’ergastolo, sono state chieste dalla Procura di Palmi in Corte d’Assise per quattro vibonesi a seguito dell’omicidio di Michele Franzè, 69 anni, ucciso il 9 gennaio 2014 nella sua abitazione rurale sita in contrada Salice nel comune di Galatro, nel Reggino. La richiesta del carcere a vitainteressa i fratelli Daniele e Giuseppe Matalone, rispettivamente di 29 e 32 anni, entrambi di Monsoreto di Dinami, accusati dell’omicidio di Michele Franzè, sparato con quattro colpi di fucile da caccia calibro 12 a carica multipla che ne hanno cagionato la morte per insufficienza respiratoria acuta da shock meta-emorragico da lesioni multiple a livello del cranio, dell’addome e del torace. Contestata anche l’aggravante di aver commesso il fatto per contrasti di natura economica insorti alla fine dell’anno 2013 e per via della decisione della vittima di interrompere la fornitura gratuita di energia elettrica e di acqua in loro favore. I due fratelli Matalone sono poi accusati di detenzione illegale e porto in luogo pubblico di un’arma da fuoco, ovvero il fucile da caccia calibro 12 a carica multipla. Del reato di calunnia deve invece rispondere Filomena Sirgiovanni, 53 anni, madre dei fratelli Matalone, poiché nel corso di dichiarazioni rese ai carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, avrebbe incolpato l’omonima cugina – pur sapendola innocente – del delitto di Michele Franzè. Per lei il pubblico ministero ha chiesto la condanna a 4 anni di reclusione. Filomena Sirgiovanni, per gli inquirenti era inoltre legata da una relazione sentimentale con la vittima. Richiesta di condanna a 2 anni anche per Carlo Mercuri,29 anni, pure lui di Dinami, che deve rispondere del reato di favoreggiamento personale. Secondo l’accusa avrebbe aiutato i fratelli Matalone ad eludere le investigazioniraccontando fatti che, ad avviso degli inquirenti, non corrispondono a verità. Daniele e Giuseppe Matalone, oltre a Filomena Sirgiovanni sono difesi dall’avvocato Francesco Stilo, mentre Mercuri è difeso dall’avvocato Domenico Infantino. I due fratelli Matalone sono stati arrestati nel giugno  e sono detenuti nel carcere di Vibo Valentia. Parti civili nel processo i familiari della vittima.     

 

 

 

 

Le indagini

Nel corso delle investigazioni sono state raccolte numerose fonti di prova che hanno consentito innanzitutto di collocare i due imputati sul luogo dell’omicidio in un arco temporale compatibile con l’ora di commissione del delitto. L’attenta analisi delle dichiarazioni rese dai testimoni incrociate con il contenuto delle intercettazioni hanno permesso di smascherare – ad avviso degli inquirenti - il piano elaborato dagli imputati e finalizzato a costruirsi falsi alibi che potessero di volta in volta giustificare gli indizi emersi nei loro confronti. Ciò è accaduto, in un primo momento, allorquando i fratelli Matalone avrebbero tentato di giustificare le tracce di polvere da sparo, rinvenute sui loro indumenti poco dopo l’omicidio, con il fatto di essersi recati il giorno prima ad una battuta di caccia, circostanza non riscontrata dagli investigatori che invece sono riusciti a dimostrarne l’infondatezza. Poi, in un secondo momento, quando Daniele Matalone (il primo in foto), per confutare l’ipotesi investigativa secondo cui i colpi di arma da fuoco diretti verso Michele Franzè potevano aver investito anche il killer o i killer che avevano imbracciato l’arma del delitto, per giustificare una ferita rilevata sulla sua fronte nell’immediatezza dei fatti, riferiva di essersela procurata a seguito di un incidente sul lavoro occorsogli il giorno precedente all’omicidio. Anche in questo caso le indagini avrebbero consentito di dimostrare che quanto dichiarato da Matalone non corrisponderebbe al vero.